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Dio è solo un concetto o, come proposto da Hegel, è una Mente? Che cosa
sono la vita e la coscienza? Solo una combinazione di atomi e molecole?
Le creature viventi hanno un’anima o spirito e, se sì, è presente solo
nell’uomo o in tutte le manifestazioni della vita? Queste sono eterne
domande sia per la scienza che per la religione.
Le menti più elevate della scienza occidentale hanno compreso la natura
potente ma anche ineffabile della conoscenza e hanno affermato che il
metodo scientifico-deduttivo altro non è che la conseguenza di
intuizioni che sorgono a livello contemplativo. Albert Einstein,
riflettendo sull’intuizione e sulla natura della ipotesi scientifiche,
caposaldo fondamentale e nel contempo categoria misteriosa del sistema
scientifico-deduttivo, nel 1918 scriveva:
Compito primario è giungere
a quelle leggi elementari dell’universo a partire dalle quali il cosmo1
può essere costruito attraverso il metodo della pura deduzione. Non
c’è un sentiero logico che conduca a queste leggi; solo l’intuizione,
basata su una comprensione globale dell’esperienza, può rilevarle2.
I rishi vedici hanno impostato la
loro ricerca partendo dal medesimo meccanismo di comprensione: è
l’indagine nel profondo del sé che può condurre ad un livello di
coscienza in cui la percezione realizza una visione unificata dei vari
livelli di realtà e permette di attingere al piano dell’intuizione.
Il racconto cosmogonico delineato nella letteratura vedica descrive in
tre momenti l’esplosione di un seme: la germinazione, l’espansione e
infine la disgregazione; come dire: la creazione, il mantenimento e il
dissolvimento; dunque un percorso in cui un seme non percepibile3
si espande differenziandosi in spazio cosmico, fino al suo punto di
dissolvimento. Come vedremo, questo resoconto è sorprendentemente vicino
alle moderne teorie fisiche relative all’origine e all’evoluzione
dell’universo, vedi ad esempio quella del Big Bang e dell’espansione del
cosmo.
La cosmogonia moderna tenta di incorporare la categoria del trascendente
quando postula un dominio al di fuori dell’universo scientificamente
conoscibile, e dal quale quest’ultimo ha avuto origine al tempo del Big
Bang. Questo dominio, che si estende al di là del tempo, dello spazio e
della materia, è chiamato vuoto quantistico: campo di pura energia in
cui ininterrottamente miriadi di particelle virtuali, che si manifestano
dalle fluttuazioni quantistiche del sottofondo spazio-temporale, si
formano e si dissolvono; alcune di queste intraprendono un processo di
espansione che ne assicura l’esistenza. Secondo numerosi cosmologi, il
nostro universo è una di queste particelle.
Scrive F. DeFelice su ‘Le Scienze’del 1997:
Si suppone che tanti
universi, forse infiniti, appaiano continuamente come bolle in un
substrato cosmico primordiale in espansione e soggetto a sporadici
cambiamenti di stato. Ognuna di queste bolle, dopo essersi formata, si
espande a sua volta secondo modalità dettate dalle condizioni
iniziali, innescando l’evoluzione di un mondo fisico a sé. Noi
vivremmo su uno di questi mondi in cui si sono instaurate, tra le
infinite condizioni possibili, quelle giuste per farci essere come
siamo4.
Come la persona umana è una
combinazione di fisico, di psichico e di spirituale così, secondo la
filosofia Yoga e Samkhya, tutto il mondo manifestato non è altro che un
pensiero cristallizzato in energia e materia, creato allo scopo di
consentire all’essere spirituale di realizzarsi. Allo stesso modo, al
termine del processo di manifestazione energia e materia si trasformano
nuovamente in pensiero. La conversione dell'energia in materia e della
materia in energia, secondo le formule rivelate all’Occidente da
Einstein più di cent'anni fa, così come le recenti scoperte della fisica
quantistica, descrivono con linguaggio scientifico occidentale le
medesime grandi realizzazioni dei saggi Vedici.
L’universo risulta quindi coscienza in
espansione; creato dalla volontà della Psiche Suprema; realizzato dal
pensiero della Mente Cosmica.
A tal proposito è interessante
ricordare quel che già Newton diceva: “le leggi che governano l’universo
sono pensieri di Dio.”
[…]
Note:
1. Per cosmo lo scienziato intendeva la visione del mondo, il
paradigma concettuale entro cui situare l’esperienza e la conoscenza.
2. The quotable Einstein, ed. A. Calaprice, Princeton, NJ, 1996.
3. E’ infatti avyakta (non manifesto).
4. Cfr. il concetto di ‘multiuniverso’: David Deutsch, The structure
of the multiverse
http://arxiv.org/abs/quant-ph/0104033; David Deutsch, The Fabric of
Reality, Penguin, 1997. Per la moderna ricerca cosmologica, la teoria
dei multiuniversi risolve la problematica connessa con il principio
antropico (vedi pagg.143-144) per il quale sembra che il nostro universo
sia perfettamente costruito perché ci sia la vita al suo interno.
Presupporre che ci siano molti universi e che in uno di essi ci siano le
condizioni per la vita significa avere maggiori probabilità di trovare
parametri adatti alla vita e quindi risolvere il problema del fine
tuning. A differenza della prospettiva tradizionali indovedica quindi,
questo indirizzo di pensiero nega l'intervento divino e attribuisce al
caso la creazione della realtà fenomenica. Nonostante la conclusione di
autori come De Felice non si armonizzi con la visione dei Veda,
l’analisi offre preziosi spunti di comparazione con la concezione
cosmologica antico indiana.
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