Autore: Giuseppe Tucci

Nero pozza Editore

Pagg. 192 - Prezzo € 15,50

 

 
 

Dei, demoni e oracoli

 

Tra i preziosi reperti dei numerosi viaggi di Tucci in Tibet, incantati ora in scaffali puliti e teche di cristallo, ve ne sono molti trafugati, imballati e inchiodati durante la leggendaria spedizione del 1933 nello Shang Shung e a Tsaparang, la regione della cultura Bon e delle pratiche occulte dello Dzog Chen. Si tratta di reperti insostituibili per la ricostruzione della storia mistica, religiosa, artistica, letteraria e archeologica del Paese delle Nevi, ma che, nelle loro forme mortuarie e claustrofobiche, ci dicono poco o niente di quella bizzarra estate del 1933 in cui la carovana di Tucci si addentrò nelle terre degli Orchi, delle Divinità Pacifiche e Feroci nei lackang desolati e in rovina di Tspaparang e di Tholing.
Per fortuna, Tucci ci ha lasciato questo straordinario diario, in cui la narrazione, caratterizzata da un entusiasmo e una sincerità introvabili in altri suoi scritti, ci restituisce tutto lo spirito di quell’avventurosa spedizione e illumina l’altro scopo dei suoi viaggi: quello che oltrepassa l’aspetto scientifico e la ricostruzione storica della civiltà di un paese, e trova la sua motivazione più profonda nella ricerca delle verità contenute nelle pratiche e nei saperi occulti.
La spedizione del 1933, la più affascinante, la più pericolosa, la più nascosta tra le otto compiute in vent’anni, è, al di là del suo indiscusso valore scientifico, un volo sciamanico, profondo e perfetto. E l’incontro con le Divinità Pacifiche e Feroci dello Shang Shung appare, alla luce di queste pagine, come la più importante iniziazione, tra le molte che Tucci ha ricevuto dai maestri tibetani e di cui assai raramente ha parlato.
Se leggiamo, infatti, questo diario con lentezza e attenzione, seguendo la carovana lungo le rive gelate dello Tsangpo, vedremo che le persone incontrate tappa dopo tappa non sono mai esseri comuni e neppure lo sono gli asini selvatici, i lupi, le capre, gli yak o Chankù il molosso tibetano che seguiva Tucci in tutte le spedizioni.Tantomeno lo sono le montagne, le tempeste, le nubi, il caldo, le frane, i fiumi, i tramonti, il freddo. In ognuno di questi frammenti, anche nel più insignificante, si cela il cuore del viaggio, lo sguardo di Vairocana, di Vajrasattva, di Shin jè, di Mahakala, il volo delle Dakini e degli Oracoli. Soprattutto, se saremo silenziosi e avremo la mente sgombra, ascolteremo la vera voce di Tucci che ci dirà il suo culto per lo sgretolamento, la dissoluzione, lo svanire e insieme l’inseguire con ogni mezzo e instancabilmente ciò che si nasconde o appartiene al mondo dell’invisibile per riportarlo a vivere.

 

 
 

Giuseppe Tucci (1894-1984) fondò nel 1933 l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (Is.M.E.O.). Tra il 1925 e il 1930 insegnò nelle università indiane di Calcutta e Shantiniketan, dove conobbe Tagore e Gandhi. Tra il 1929 e il 1950, organizzò lunghe spedizioni in Tibet, Nepal, Pakistan e Afghanistan che ottennero importanti risultati scientifici. Tra i suoi numerosi scritti, oltre ai libri di viaggio, si segnalano i sette volumi di Indotibetica (Accademia d’Italia, 1932-1942), i due di Tibetan Painted Scrolls (Libreria dello Stato,1949) e la Storia della filosofia indiana (1957).

 

 
 

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