Autore: Stefano Peverati

Bastogi Editrice Italiana

Pagg. 184 - Prezzo € 14,00

 

 
 

L'OCCHIO DEL POTERE

Questo romanzo "trasuda" letteralmente tutta la passione dell'Autore per le antiche conoscenze "classiche" e per i legami che esse mantengono tutt'ora, per chi le vuole scorgere, con la modernità...

In un susseguirsi emozionante di eventi nei quali archeologia, azione, telematica e mistero si fondono e si confondono, il lettore si troverà avvinghiato al libro - senza poter farne a meno - fino all'ultima pagina! Bravo davvero Stefano Peverati, notevole il suo stile letterario e la sua preparazione storica! Nella LIBRERIA DI MISTERIA sono pochi i romanzi di cui teniamo conto, essendo più che altro una sezione dedicata alla saggistica. Questo è uno dei pochi romanzi che abbiamo voluto inserire, perché ritenuto davvero interessante, a prescindere dal fatto che si tratti di un romanzo...


La storia:

Il professor Martinez dedica la propria vita allo studio della cultura dell’antico Egitto. A metà degli anni Ottanta scopre alcune tracce di una non ben identificata gemma, dotata di favolosi poteri, la cui origine si perde nella notte dei tempi. I suoi successi in campo scientifico attirano l’attenzione di Aristotele Vassilis, un potente boss greco a sua volta sulle tracce della misteriosa gemma, che decide perciò di assumerlo alle sue dipendenze. Grazie all’apporto di Martinez, ma soprattutto della figlia Elisa, dopo una ricerca durata più di vent’anni, tutto è pronto per accedere alla camera segreta che custodisce la gemma. Ma Elisa scopre drammaticamente le vere intenzioni di Aristotele ed il diabolico piano che il boss intende perseguire grazie al potere della pietra.
La donna vorrebbe fermarlo, ma Vassilis le scatena contro i suoi sicari, dando vita ad un inseguimento forsennato per le vie della città di Kos. Elisa, tuttavia, riesce a liberarsi della chiave USB che contiene gli schemi criptati per raggiungere la gemma, nascondendola nell’auto di due turisti italiani.
Marco e Laura si ritrovano così coinvolti in un intrigo che li porta ad affrontare insidie tremende, alla caccia della gemma e della soluzione di un mistero atavico.

Estratto:

[…] Ogni anno, sin dalla notte dei tempi, in una regione posta al centro dell’Asia Minore e di cui si è persa la memoria geografica, in un territorio brullo, totalmente circondato da roccia e da montagne perennemente innevate e difficilmente valicabili, all’interno di una caverna posta nel ventre della Terra, conosciuta come la Caverna della Madre, i capi religiosi, le massime autorità spirituali, i sommi conoscitori dei segreti ancestrali, chiamati Figli della Caverna, si ritrovavano in quel luogo recondito e lì riflettevano sul passato, discutevano il presente e scrutavano il futuro.

La Caverna della Madre, dalle poche descrizioni orali tramandate sino ai giorni nostri, era un luogo inaccessibile, protetto dalle arti mistiche. Per potervi accedere, occorreva pronunciare alcuni sacri rituali che ne svelavano l’ingresso. Una volta entrati si procedeva stentatamente, seguendo un angusto budello scavato nella roccia, scendendo lungo rampe di scale scolpite nella dura pietra. Il tragitto era lungo, faticoso, tortuoso, solamente le torce illuminavano il passaggio mentre, tutto attorno, il buio stendeva la sua cupa coltre. Stalattiti e stalagmiti, formatesi con il trascorrere dei millenni, disegnavano figure irreali, suggestive e fiabesche, rendendo ancora più irreale quel luogo, così apparentemente lontano dalla realtà. […]

             […] Nella Caverna della Madre erano presenti i simboli mistici di tutte le religioni allora affermate. Ogni singolo sacerdote, ammesso ai segreti, aveva portato il proprio sapere, le proprie tradizioni, i propri rituali.

            All’interno della grotta giacevano i più importanti manoscritti dell’umana conoscenza, le pergamene contenenti i codici dei più impegnativi riti mistici, i documenti recanti i principali strumenti divinatori, le testimonianze degli intrighi di potere volti alla crescita di un’etnia, tutti catalogati ed impilati all’interno di gigantesche scaffalature ottenute forgiando la nuda roccia. […]

            […] Nella Caverna della Madre energie terribili erano dominate, incantesimi formidabili attuati, esperimenti incredibili studiati. Tutta la scienza, la sapienza, le arti mistiche e divinatorie, le forze religiose erano messe in campo, interpellate e scandagliate dai Figli della Caverna per creare un futuro che arridesse ed aggiungesse vigore ad ogni casta detentrice del potere spirituale e temporale.

            Da troppo tempo, ormai, le guerre proseguivano ed aumentavano d’intensità e portata. Da troppo tempo un cupo sentore si era impossessato delle menti dei savi. Da troppo tempo il fuoco ed il ferro avevano sterminato intere popolazioni, con una virulenza tale da rischiare di estinguere la conoscenza così duramente conquistata.

            I sacerdoti, durante uno dei consessi, ne avevano intuito l’inizio, ne avevano percepito alcuni eventuali sviluppi, ma non erano in grado di avere una visione complessiva del termine. Troppe varianti, troppe variabili intervenivano ed interferivano. […]

            […] Le nebbie del futuro, giocando a loro piacimento con le menti degli uomini, si erano parzialmente diradate e, durante una delle riunioni solenni, il simbolo della fine aveva fatto la sua comparsa, anche se ancora senza volto. Solo successivamente l’emblema avrebbe acquistato una fisionomia ben precisa, ma soltanto nel momento della sua manifestazione, come se una forza demoniaca ne avesse celato le sembianze e gli intenti.

            Un conquistatore feroce, folle, malvagio, demoniaco, proveniente dai confini delle terre conosciute, un uomo, o un demone, senza pietà e rispetto per i vinti si stava abbattendo sulle civiltà consolidate. Egli avrebbe estirpato ogni conoscenza, avrebbe cancellato ogni tradizione, avrebbe piegato le religioni e le arti magiche ai suoi voleri, avrebbe avviato all’estinzione la razza umana, allora sovrana, per propagare la sua egemonia ovunque e creare un nuovo ordine planetario.

            Il tempo delle riflessioni era finito, occorreva fermare il conquistatore. Le armi convenzionali, utilizzate dagli eserciti impegnati in battaglia, non scalfivano minimamente la sua armata. L’orda scatenata di soldati avanzava indomita, respingendo ogni attacco e lasciando, dietro di sé, solo morte e desolazione. Alcuni popoli di confine, per scampare al genocidio, stavano pensando di allearsi direttamente con l’invasore, voltando le spalle a secoli di storia e di conquiste in ogni campo dello scibile umano.

            Il momento era giunto, non c’era più tempo a disposizione. L’ordine doveva essere ristabilito. Le forze dovevano essere riequilibrate. La maestria degli eserciti non bastava, andavano utilizzate le mistiche arti, si doveva costruire un’arma nuova più potente, più precisa, più distruttiva, più letale. […]

 

STEFANO PEVERATI ha trentanove anni, risiede a Portomaggiore (FE) ed è alla sua prima esperienza di scrittura in campo narrativo. Ha conseguito la laurea in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Bologna. Attualmente è marketing manager di un’azienda che si occupa di cooperazione internazionale. Collabora anche con l’Istituto di Sociologia della facoltà di Scienze Politiche di Bologna per approfondimenti della teoria di Karl Popper.
È autore del capitolo "Una ricaduta a referenzialità definita" che fa parte del manuale Il ciclo metodologico della ricerca sociale, 1998, Franco Angeli, Milano.

 

 
 

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