Questo romanzo "trasuda" letteralmente tutta la passione
dell'Autore per le antiche conoscenze "classiche" e per i legami che esse
mantengono tutt'ora, per chi le vuole scorgere, con la modernità...
In un susseguirsi emozionante di eventi nei quali
archeologia, azione, telematica e mistero si fondono e si confondono, il
lettore si troverà avvinghiato al libro - senza poter farne a meno - fino
all'ultima pagina! Bravo davvero Stefano Peverati, notevole il suo stile
letterario e la sua preparazione storica! Nella LIBRERIA DI MISTERIA sono
pochi i romanzi di cui teniamo conto, essendo più che altro una sezione
dedicata alla saggistica. Questo è uno dei pochi romanzi che abbiamo voluto
inserire, perché ritenuto davvero interessante, a prescindere dal fatto che
si tratti di un romanzo...
La storia:
Il professor Martinez dedica la propria vita allo studio
della cultura dell’antico Egitto. A metà degli anni Ottanta scopre alcune
tracce di una non ben identificata gemma, dotata di favolosi poteri, la cui
origine si perde nella notte dei tempi. I suoi successi in campo scientifico
attirano l’attenzione di Aristotele Vassilis, un potente boss greco a sua
volta sulle tracce della misteriosa gemma, che decide perciò di assumerlo
alle sue dipendenze. Grazie all’apporto di Martinez, ma soprattutto della
figlia Elisa, dopo una ricerca durata più di vent’anni, tutto è pronto per
accedere alla camera segreta che custodisce la gemma. Ma Elisa scopre
drammaticamente le vere intenzioni di Aristotele ed il diabolico piano che
il boss intende perseguire grazie al potere della pietra.
La donna vorrebbe fermarlo, ma Vassilis le scatena contro i suoi sicari,
dando vita ad un inseguimento forsennato per le vie della città di Kos.
Elisa, tuttavia, riesce a liberarsi della chiave USB che contiene gli schemi
criptati per raggiungere la gemma, nascondendola nell’auto di due turisti
italiani.
Marco e Laura si ritrovano così coinvolti in un intrigo che li porta ad
affrontare insidie tremende, alla caccia della gemma e della soluzione di un
mistero atavico.
Estratto:
[…] Ogni anno, sin dalla notte dei tempi, in una regione posta al centro
dell’Asia Minore e di cui si è persa la memoria geografica, in un
territorio brullo, totalmente circondato da roccia e da montagne
perennemente innevate e difficilmente valicabili, all’interno di una
caverna posta nel ventre della Terra, conosciuta come la Caverna
della Madre, i capi religiosi, le massime autorità spirituali, i
sommi conoscitori dei segreti ancestrali, chiamati Figli della
Caverna, si ritrovavano in quel luogo recondito e lì riflettevano
sul passato, discutevano il presente e scrutavano il futuro.
La Caverna della Madre, dalle poche descrizioni orali tramandate
sino ai giorni nostri, era un luogo inaccessibile, protetto dalle arti
mistiche. Per potervi accedere, occorreva pronunciare alcuni sacri
rituali che ne svelavano l’ingresso. Una volta entrati si procedeva
stentatamente, seguendo un angusto budello scavato nella roccia,
scendendo lungo rampe di scale scolpite nella dura pietra. Il tragitto
era lungo, faticoso, tortuoso, solamente le torce illuminavano il
passaggio mentre, tutto attorno, il buio stendeva la sua cupa coltre.
Stalattiti e stalagmiti, formatesi con il trascorrere dei millenni,
disegnavano figure irreali, suggestive e fiabesche, rendendo ancora più
irreale quel luogo, così apparentemente lontano dalla realtà. […]
[…] Nella Caverna della Madre erano presenti i
simboli mistici di tutte le religioni allora affermate. Ogni singolo
sacerdote, ammesso ai segreti, aveva portato il proprio sapere, le
proprie tradizioni, i propri rituali.
All’interno della grotta giacevano i più importanti
manoscritti dell’umana conoscenza, le pergamene contenenti i codici dei
più impegnativi riti mistici, i documenti recanti i principali strumenti
divinatori, le testimonianze degli intrighi di potere volti alla
crescita di un’etnia, tutti catalogati ed impilati all’interno di
gigantesche scaffalature ottenute forgiando la nuda roccia. […]
[…] Nella Caverna della Madre energie terribili erano
dominate, incantesimi formidabili attuati, esperimenti incredibili
studiati. Tutta la scienza, la sapienza, le arti mistiche e divinatorie,
le forze religiose erano messe in campo, interpellate e scandagliate dai
Figli della Caverna per creare un futuro che arridesse ed
aggiungesse vigore ad ogni casta detentrice del potere spirituale e
temporale.
Da troppo tempo, ormai, le guerre proseguivano ed
aumentavano d’intensità e portata. Da troppo tempo un cupo sentore si
era impossessato delle menti dei savi. Da troppo tempo il fuoco ed il
ferro avevano sterminato intere popolazioni, con una virulenza tale da
rischiare di estinguere la conoscenza così duramente conquistata.
I sacerdoti, durante uno dei consessi, ne avevano intuito
l’inizio, ne avevano percepito alcuni eventuali sviluppi, ma non erano
in grado di avere una visione complessiva del termine. Troppe varianti,
troppe variabili intervenivano ed interferivano. […]
[…] Le nebbie del futuro,
giocando a loro piacimento con le menti degli uomini, si erano
parzialmente diradate e, durante una delle riunioni solenni, il simbolo
della fine aveva fatto la sua comparsa, anche se ancora senza volto.
Solo successivamente l’emblema avrebbe acquistato una fisionomia ben
precisa, ma soltanto nel momento della sua manifestazione, come se una
forza demoniaca ne avesse celato le sembianze e gli intenti.
Un conquistatore feroce,
folle, malvagio, demoniaco, proveniente dai confini delle terre
conosciute, un uomo, o un demone, senza pietà e rispetto per i vinti si
stava abbattendo sulle civiltà consolidate. Egli avrebbe estirpato ogni
conoscenza, avrebbe cancellato ogni tradizione, avrebbe piegato le
religioni e le arti magiche ai suoi voleri, avrebbe avviato
all’estinzione la razza umana, allora sovrana, per propagare la sua
egemonia ovunque e creare un nuovo ordine planetario.
Il tempo delle riflessioni era
finito, occorreva fermare il conquistatore. Le armi convenzionali,
utilizzate dagli eserciti impegnati in battaglia, non scalfivano
minimamente la sua armata. L’orda scatenata di soldati avanzava
indomita, respingendo ogni attacco e lasciando, dietro di sé, solo morte
e desolazione. Alcuni popoli di confine, per scampare al genocidio,
stavano pensando di allearsi direttamente con l’invasore, voltando le
spalle a secoli di storia e di conquiste in ogni campo dello scibile
umano.
Il momento era giunto, non
c’era più tempo a disposizione. L’ordine doveva essere ristabilito. Le
forze dovevano essere riequilibrate. La maestria degli eserciti non
bastava, andavano utilizzate le mistiche arti, si doveva costruire
un’arma nuova più potente, più precisa, più distruttiva, più letale.
[…]
STEFANO PEVERATI ha trentanove anni, risiede a
Portomaggiore (FE) ed è alla sua prima esperienza di scrittura in campo
narrativo. Ha conseguito la laurea in Scienze Politiche all’Università degli
Studi di Bologna. Attualmente è marketing manager di un’azienda che si
occupa di cooperazione internazionale. Collabora anche con l’Istituto di
Sociologia della facoltà di Scienze Politiche di Bologna per approfondimenti
della teoria di Karl Popper.
È autore del capitolo "Una ricaduta a referenzialità definita" che fa parte
del manuale Il ciclo metodologico della ricerca sociale, 1998, Franco
Angeli, Milano.