Io questo lo presumo, ma a giudicare da come altri si sono espressi nel leggerlo in anteprima, direi di sì, deve essere veramente qualcosa di bello se una persona come Gianfranco Carpeoro, ex direttore di Hera, uno dei più grandi simbolisti della nostra stretta, lunga e a volte incredibile nazione, così si è espresso nella sua prefazione:
“La liturgia delle prefazioni preveda che il maldestro imbonitore di turno vi dica come questo sia il più bel libro di Michele Proclamato. Non è vero, sarà sicuramente l’ultimo che scriverà, tra molti anni, il suo più bel libro, ma nessuno di voi potrà capirlo e apprezzarlo appieno se non avrà letto tutti quelli precedenti, che vista la sua prolificità, saranno sicuramente innumerevoli.
Come, del resto non potrete apprezzare appieno questo, nella sua vasta portata, se non avete letto quelli che lo hanno preceduto.
Perché quello di Michele Proclamato è un viaggio iniziatico, anche lui è diretto a Santiago di Compostela, e quindi procede a tappe verso il riveder le stelle e mai citazione fu più appropriata viste le tematiche dei suoi studi e l’etimo del termine Compostela, che proviene dalla contrazione del latino Campum Stellatum.
Premesso che, con la stessa sincerità di un cretese, non ammetto e riconosco nessuno dei pittoreschi, e sicuramente di grande dignità letteraria, colloqui telefonici dall’Autore riportati, posso invece ammettere di essere colui che ha promosso il suo incontro con l’opera di Giordano Bruno.
Ovviamente essendo io non altri che uno dei tanti fanfaroni vendifumo che da anni inquinano con accenti paraprofetici il mondo della ricerca alta, trasformandola in orrida New Age, nel passargli le immagini del Bruno, e quant’altro, ho finto egregiamente di essere una specie di maestro iniziatico che instrada l’allievo.
Falso.
Gli ho passato il tutto perché io ci avevo provato per anni a capirci qualcosa col risultato equivalente, volendo adoperare un esempio alimentare, ad un fico secco.
Ma ero sicuro che lui ne avrebbe cavato il gheriglio da una noce così granitica e, quando ho letto il manoscritto, ho scoperto che almeno sulle qualità altrui riesco ad essere perspicace.
Michele, assistito dal suo prodigioso intelletto, avido, puro ed assolutamente rigoroso come quello di un bambino, aveva le chiavi giuste per aprire una cassaforte dalla serratura a prova di secoli.
E così i sigilli misteriosi del Nolano, ciò che non è stato ad oggi mai spiegato, neanche in costosi e ponderosi volumi di prestigiose case editrici, si è dispiegato in tutte le sue intime sfaccettature ai nostri occhi.
Adesso lui, che ha veramente il candore di un bambino, mi ha chiesto la prefazione nella convinzione che io, sapendone più di lui, abbia voluto instradarlo e che sia in grado di ben presentare la sua opera.
Ma se fossi stato in grado di presentarlo l’avrei scritto io questo libro davvero importante, visto che quei disegni sono rimasti lettera morta sulla mia scrivania per oltre un decennio.
Comunque ormai l’ho scritta, la prefazione, nell’unico modo che mi era possibile.
Perché l’ho capito da anni che la mia parte in commedia non è quella di colui che sa, né di colui che mai saprà, ma solo di colui che può fare in modo di far arrivare qualcun altro dove egli stesso non ha i mezzi per giungere.
Questo ho fatto consegnando quei disegni a Michele Proclamato: ho recitato da bravo guitto il mio copione da avanspettacolo.
Lo spettacolo è il libro e il primo attore, o autore è Michele Proclamato, il terremotato che ha deciso di diventare lui stesso terremoto del nostro sapere.
Si apra il sipario e buon divertimento, oh scusate, buona lettura!
Carpeoro"
Ora
vorrete giustamente sapere di che parla.
Avrei voglia di non dirvelo, poi, però, non lo
comprereste ed io tornerei in un battibaleno a fare
il mestiere che facevo prima, quindi mi piego a tale
incombenza dicendo: parla d’AMORE.
Il libro parla d’Amore attraverso un sapere, quello
dell’Ottava – lo stesso di Giordano Bruno – visto e
sperimentato, nel modo con cui il Nolano lo propose,
attraverso l’arte della memoria, quattro secoli fa.
Non vorrei pensaste che il contesto nel quale tutto
si svolge sia qualcosa di polveroso, tedioso, triste
e grigio perché, posso asserirlo con sincerità, non
è così!
Ho scritto di Lui ed attraverso Lui ho potuto
spiegare e spiegarmi molti presunti misteri
collegati ai suoi SIGILLI.
Cosa sono i sigilli? Il massimo, a livello
simbolico, riguardante un’arte della memoria che
nulla ha a che vedere con il puro “ricordare”
formale,“ ma moltissimo con una scienza – quella
della reminiscenza – che vuole, accetta, prevede ed
asserisce che l’anima umana non è altro che la
sedimentazione di una serie infinita di
reincarnazioni, in grado di porla, a volte, di
fronte al volto archetipico di DIO, dal quale
derivano le Idee destinate, attraverso la natura, a
diventare Forme.
Ebbene, dicevo, attraverso Lui ho potuto parlare di
Platone, di Leucippo e della Teoria della vista, di
Alessandro Magno, Leonardo da Vinci, Galileo, Newton
e Lissajous, del Mandelbrot, di Renato Palmieri, dei
Cerchi nel Grano, dei nativi Americani ed infine di
me.
Insomma, attraverso 8 dei suoi sigilli mnemonici e
soprattutto la sua Ars memorandi, ho potuto
chiarirmi moltissimi aspetti riguardanti l’Ottava e
sapete cos’è successo?
Che dopo aver identificato Dio con l’ottava e la
stessa con la Luce, ora so che la materia è luce,
diciamo così compressa, ma in questi passaggi ho
potuto realizzare che l’anima, che ci rende vivi,
altro non sia che una piccolissima parte “fotonica”
di quella luce divina che tutto inonda e rende
vitale.
Ma non è stato questo il dono finale consegnatomi da
Bruno, bensì la consapevolezza di intuire una realtà
in cui entità come gli DEI, o gli spiriti, possono e
devono esistere e sono proprio le qualità emotive
degli DEI presenti, a livello climatico,
nell’evoluzione del simbolismo dell’ottava, a darmi
la consapevolezza di un essere divinamente simile
all’uomo a tal punto da essere passionalmente
coinvolto nel suo atto creativo, allo stesso modo e
negli stessi modi, con cui noi siamo coinvolti dai
nostri “amori”.
Allora, per la prima volta, ho visto il simbolismo
del Settenario (il Seme della vita) trasformarsi,
come Lui diceva, in AMORE e l’Amore in Natura,
finalmente conscio di come l’immanenza divina sia
realtà, necessità, verità.
Lui era un vero UOMO di DIO sapete, nessuno come un
presunto eretico di quattrocento anni fa, infatti,
ha potuto insegnarmi cosi tanto, su un presunto atto
creativo da cui tutto e tutti discendiamo, quindi
vorrei vi preparaste a leggere qualcosa che oltre a
far capire, spero, vi darà modo di commuovervi e
facendolo, di percepire che l’animo umano ed i suoi
meccanismi mentali, altro non sono che l’evoluzione
musicale di una mente universale, tremendamente
sonora, capace di evolversi in OTTAVE.
Dimenticavo, vi ricordate l’ “Io Ti Vedo” di Avatar?
Sì?
Ebbene, forse nelle mie pagine, potrete apprezzare
finalmente la vera motivazione di quelle semplici e
profondissime parole.
Comunque, già che ci sono, vi aggiungo la copertina
e tanto vorrei sapeste la sua storia, per capire
come e quanto Lui mi abbia fatto intendere
sull’Amare.
Gianfranco Colacito - editoriale inABRUZZO - L'Aquila