Biga rapita: il fronte si rompe
Il fronte della biga rapita si è rotto e Stampa Alternativa continua la sua battaglia. La coalizione americana che si batte per mantenere la biga rapita al Metropolitan Museum di New York si è consolidata, e dopo l’inaugurazione dei nuovi padiglioni del 20 aprile appare più salda e compatta. Quella italiana, che rivendica la restituzione della biga rapita, si è rotta in due e appare più debole di prima. Ecco le ultime notizie dal fronte della battaglia per la biga di Monteleone di Spoleto.
Cominciamo dagli Stati Uniti. C’è stato un periodo durante il quale la stampa americana più schietta e onesta si era schierata, nella disputa Europa-Usa per il recupero delle opere d’arte rubate, con i paesi depredati. I giornali considerati di ispirazione liberal, che sono quelli più importanti del paese, si erano distinti per aver pubblicato una serie di articoli e di inchieste che denunciavano senza mezzi termini le ruberie dei grandi musei privati americani a spese di molti paesi: Italia, Grecia, Turchia, Egitto. E quando si trattava di decidere cosa fare delle migliaia delle opere e dei reperti trafugati, scrivevano che c’era soltanto un’unica via: riconsegnarli ai paesi d’origine. Questo scrivevano il “New York Times”, il “Los Angeles Times”, il “Wall Street Journal”, il “Boston Globe”, “The New Yorker”.
Poi la situazione è cambiata. Si avvicinava la data, fatidica del 20 aprile 2007: il Metropolitan Museum aveva annunciato l’inaugurazione delle nuove gallerie da dedicare alle opere dell’arte ellenica e romana, e un padiglione dell’arte etrusca. In questo padiglione sarebbe stata esposta, dopo sette anni di lavoro di restauro, la biga di Monteleone. Il direttore del Metropolitan Museum, Philippe de Montebello, temeva che l’azione intrapresa dall’avvocato Tito Mazzetta per conto del comune di Monteleone, potesse porre fine al suo sogno di esibire il carro più bello del mondo.
A quel punto, siamo arrivati all’autunno 2006, Philippe de Montebello parte all’attacco e chiama a raccolta tutti i suoi amici, ricchi e potenti, di Manhattan, ai quali rivolge il suo allarme: “Ci vogliono portare via la Biga!”. Prima vuole essere rassicurato dal governo italiano che non ci sarà un’azione immediata e decisa per riportarsi a casa la biga rapita e alla fine di novembre 2006 ottiene questa confortante notizia. Poi invoca la solidarietà della stampa liberal e democratica, perché non si dimentichino che lui, il direttore da trent’anni del Met, è un liberal e un democratico eccellente.
Ottiene l’appoggio di due pilastri della stampa liberal americana: il quotidiano “New York Times” e il settimanale patinato e molto prestigioso “The New Yorker”. Pubblicano corrispondenze dall’Italia e articoli dalle redazioni newyorkesi che irridono alla pretese di Monteleone e dell’avvocato Mazzetta. “The New Yorker”, che nel numero del 9 aprile scorso dedica dieci pagine all’inaugurazione dei padiglioni del Met, ospita anche una irriverente intervista a Carlos Picon, curatore del dipartimento di arte greca e romana, che dichiara:
Quando l’Italia venne unificata, il Metropolitan era già stato fondato: questo aiuta a mettere le cose nella prospettiva giusta.
In sostanza, il collaboratore di de Montebello sostiene che le pretese dell’Italia nei confronti del “suo” museo sono assurde e quindi vanno respinte senza nemmeno discutere. Fra le tante dichiarazioni rilasciate a ruota libera, Picon si chiede con greve malignità:
Ma dove riusciranno a mettere gli italiani tutte le opere che noi dovremmo restituire, dal momento che non possiedono né musei né depositi?.
“The New Yorker” ha pubblicato queste amenità senza prendere le distanze da Carlos Picon, ma anzi facendosi portavoce delle istanze del museo. Ma non soltanto la stampa liberal si è schierata a difesa di Philippe de Montebello; anche i giornali conservatori, guidati dall’autorevole “New York Sun”, hanno preso le difese del Metropolitan. Il “New York Sun” ha pubblicato addirittura un editoriale intitolato “Older than Italy”, “Più vecchio dell’Italia”, riprendendo la tesi del settimanale rivale che accredita il diritto del Metropolitan a non ascoltare le richieste italiane dal momento che è nato prima dell’unità d’Italia.
In Italia il fronte dei “ribelli di Monteleone” si è frantumato. Perché era composto da due anime che non avevano molto in comune. Da una parte, c’era la giunta municipale del piccolo centro umbro, guidata dal sindaco Nando Durastanti. Nella battaglia per la biga rapita c’era stato tirato per i capelli. L’idea gli era piaciuto all’inizio, anche perché aveva voglia di dimostrare ai suoi elettori che avevano scelto bene. E poi c’era l’avvocato Tito Mazzetta che dall’America sollecitava un’azione decisa per recuperare la biga. E così il sindaco partì per la battaglia contro il Metropolitan, un po’ come Ulisse decise di partire per Troia. Controvoglia.
Mentre l’avvocato Mazzetta si dava da fare in America scrivendo lettere a Philippe de Montebello, minacciando di trascinarlo davanti al tribunale federale, a Monteleone regnava la calma. Soltanto quando è uscito in libreria La biga rapita edito da Stampa Alternativa, il sindaco e l’assessore alla cultura, Marisa Angelini, non hanno potuto fare a meno di farsi sentire. Qualche dichiarazione alle cronache locali, un paio di comunicati all’Ansa, niente di più.
Ma nella coalizione c’erano anche quelli di Stampa Alternativa, con il direttore editoriale Marcello Baraghini in testa, convintissimi della bontà dell’iniziativa di tentare ogni carta possibile per riportare il carro etrusco in Italia. Erano tanto convinti ed entusiasti della battaglia contro il Met, da buttare nella mischia il cuore e l’anima, senza guardare in faccia a nessuno, fossero assessori regionali e provinciali e anche ministri e loro collaboratori illustri. Non c’erano ragioni politiche da rispettare, non c’erano equilibri precari da salvare, non c’erano timori reverenziali e nemmeno calcoli interessati.
Stampa Alternativa aveva deciso di intraprendere una battaglia che riconosceva giustissima: la biga rapita era l’occasione giusta per riprendere un discorso interrotto troppo presto, o forse mai iniziato da parte dei governi che si sono succeduti dal dopoguerra, con i suoi discutibilissimi ministri dei beni culturali. Non era una questione di basso campanilismo o di patetica bandiera: la battaglia per la biga di Monteleone, per quelli di Stampa Alternativa, era un motivo buono e forse irripetibile per dire “ladri” ai veri ladroni dei musei privati americani che, era sicuro, non solo non avrebbero ascoltato le nostre lagnanze, ma addirittura ci avrebbero presi in giro come ha fatto il gaglioffo Carlos Picon.
I “ribelli” di Stampa Alternativa potevano contare su un libro costato trent’anni di lavoro, che racconta come sono andate esattamente le cose tra un paese derubato e un paese ladrone. Ma Monteleone non corrispondeva al nostro entusiasmo. Se n’era accorto, con il suo infallibile fiuto, Marcello Baraghini:
Come mai il libro non viene mai citato quando quelli di Monteleone rilasciano interviste a giornali e reti televisive?
Era vero. A Monteleone, dopo l’uscita del libro, sono arrivati cronisti e inviati da ogni parte, incuriositi dalla storia della biga rapita da un banchiere americano nel 1902. Sindaco e assessori parlavano e dichiaravano, coprendosi di gloria: “Davide contro Golia, Monteleone contro New York, eccetera eccetera”. E noi, e il libro, che fine facevamo in quelle lunghe chiacchierate con i giornalisti arrivati anche dall’America? Niente, buio pesto. D’altra parte, come dar loro torto, dal momento che il libro non lo avevano nemmeno letto? Mentre Stampa Alternativa proseguiva nella sua battaglia, gli altri parlavano molto ma agivano poco.
C’era una presidente della regione da consultare, c’era la provincia da tener buona, c’era soprattutto il signor ministro, a Roma, ai beni culturali, da non irritare troppo. Francesco Rutelli, ministro e vicepremier, e anche regista dell’operazione del Partito democratico, è un uomo politico troppo influente per attaccarlo frontalmente seppure in una questione di reperti archeologici rubati. La dimostrazione di protesta a Roma, il 20 aprile, c’è stata, è vero, ma non era quella che noi di Stampa Alternativa aveva proposto al comune di Monteleone.
La lista delle manifestazioni che avevamo suggerito era di ben altro spessore e forse sarebbe stata in grado di incrinare quell’atteggiamento di freddo distacco e di scarso senso democratico dimostrato dal ministero nei confronti di un comune che proclamava una giusta “guerra”. Ma abbiamo chiesto troppo, ora ne siamo convinti, a chi il coraggio non ce l’ha e non lo vuole dimostrare contro personaggi più potenti. È la politica, bellezza.
Quando ogni cosa viene buttata nel tritacarne della politica, non ne esce niente di buono. Anche la biga rapita ha subìto questa sorte. Il 27 maggio ci saranno le elezioni amministrative e anche la giunta di Monteleone dovrà sottoporsi al vaglio degli elettori. C’è una leggenda, proprio di quelle parti, che racconta di un nobile condottiero al quale avevano rubato il carro da parata. La leggenda aggiunge che il condottiero, fiero e impavido, sta cercando ancora il suo carro, e non smetterà di cercarlo fino a quando non si sarà vendicato. Nel suo taccuino ha scritto una data. Noi la conosciamo, ma non la vogliamo rivelare. Tanto tutti hanno capito qual è.