Il paradosso della nostra
esistenza è un grande equivoco, quella dicotomia sottile, nascosta, che
emerge a tratti e poi si palesa in modo chiaro ed evidente quando
finalmente ci mettiamo a vivere con gli occhi aperti, una dicotomia tra
quello che veramente siamo e quello che invece crediamo di essere.
Tutto dipende dal punto di vista. Quando riusciamo a cogliere quello del
Sé abbiamo la percezione chiara della nostra identità, quando invece ci
poniamo dal punto di vista della Personalità riusciamo a raggiungere
soltanto un’immagine sfuocata e ben poco fedele.
Quando qualcuno ci chiede come stiamo, ad esempio, possiamo trovarci a
dare, con uguale convinzione, due risposte diametralmente opposte:
talvolta n’esce un "Bene, grazie" convinto e talaltra, a parità di
condizioni, ci soffermiamo su una serie di magagne che paiono incalzare
e soffocarci. Ma dove sta la differenza? Come si diceva prima, dal punto
di vista. Nell’uno e nell’altro caso noi non stiamo mentendo, ma
semplicemente ci stiamo focalizzando su differenti livelli del nostro
essere.
Non mi pare di dire un’eresia se affermo che ciascuno di noi è sano, è
completo, ha in sé tutto quello che gli serve per stare e per sentirsi
bene ma spesso non lo sa perché se n’è dimenticato. E purtroppo su
questa dimenticanza fondiamo gran parte della nostra esistenza: se non
apriamo presto gli occhi, risvegliandoci, e ricordando, rischiamo di
trascorrere gran parte della nostra vita in quest’inganno.
Ed è proprio per questo Grande Sonno nel quale siamo immersi che spesso
ignoriamo completamente quale sia il nostro compito nella vita: da cosa
deriverebbe, altrimenti, quel senso di noia, insofferenza, impotenza,
nausea, quella depressione, insomma, che troppo spesso viene a provocare
la nostra esistenza?
In realtà non è vero che noi ignoriamo il perché siamo qui, lo sappiamo
eccome ma facciamo fatica a contattare quella parte di noi che sa: e
quella parte è, come dicevamo, il nostro Sé.
A quei livelli noi sappiamo di noi stessi molto più di quello che
crediamo: ma nel corso della nostra esistenza, fin dai primi anni della
nostra infanzia, abbiamo sviluppato una Personalità spesso reattiva,
creata non tanto su quello che eravamo ma su quello che credevamo di
dover diventare: per non venir meno alle aspettative altrui, per
sostenere i nostri ruoli, per mantenere il consenso sociale, per essere
amati, per non essere rifiutati, abbiamo indossato maschere e maschere
creando muri d’identità che continuano a separarci sempre di più da noi
stessi. Inseguendo la voce della nostra Personalità, siamo entrati
nell’Oblio.
Non dimentichiamoci, inoltre, che stiamo vivendo in un’epoca un po’
particolare in cui regnano incontrastate la Paura e l’Accelerazione: i
tanti messaggi di paura ai quali quotidianamente ci sottoponiamo, ci
regalano un abbassamento del livello di pensiero e ci accompagnano ad
amoreggiare col concetto di distruzione e con quel disagio di vivere che
è un male dell’anima.
L’antidoto contro la Paura è la possibilità di guardare ogni evento come
trasformazione, uscendo dalla logica del positivo e del negativo:
qualunque cosa accada è, e può palesarsi ai nostri occhi aperti, uno
stimolo per salire di vibrazione. Per quanto riguarda l’accelerazione, è
chiaro come tutto si evolva con un flusso rapido, talmente veloce che
facciamo fatica a seguire le novità ma cerchiamo di adattarci ai
cambiamenti fuori di noi. Trascurando di cogliere e coltivare quelli
dentro di noi.
Pertanto, per l’uno e per l’altro motivo, tendiamo a vivere per lo più
fuori di noi stessi. Se impariamo, invece, a non fissarci su quello che
non va e a vivere ogni evento come opportunità, a non sentirci né
vittime né nelle mani altrui ma guidiamo la nostra vita con
consapevolezza e responsabilità, ci ritroviamo istantaneamente nel
nostro centro e non più all’esterno della nostra stessa vita.
Essere responsabili significa res sponsare, sposare la cosa,
nella fattispecie noi stessi: essere dentro di noi, radicati in noi
stessi, in grado di guidare consapevolmente la nostra vita. Essere nel
proprio centro significa diventare colui che osserva, che si osserva,
nel suo silenzio interiore, al di là di ogni paura e di ogni
accelerazione, a contatto con il proprio Sé. Diventare canale delle
energie d’amore e di verità, per noi stessi e per gli altri.
LA SCRITTURA DELL'ANIMA
E qui s’inseriscono le varie pratiche che ci aiutano ad entrare in
contatto con il nostro Sé. La Scrittura dell’Anima è una pratica di
autoguarigione: trasformativa, terapeutica, spirituale. Non è fine a se
stessa, ma è uno strumento, un mezzo, perché il suo obiettivo non è
imparare a scrivere bene, ma aiutare chi scrive a crescere,
trasformarsi, guarire attraverso la scrittura. E’ fatta in uno stato di
rilassamento, inducendo un abbassamento delle onde cerebrali fino a
contattare la voce del nostro Sé.
La Scrittura Archetipa ci aiuta ad andare a ripescare dentro di noi una
grande quantità di pensieri che non raggiungono nemmeno la soglia della
coscienza e si basa proprio sul rapporto esistente tra la realtà e
l’immaginazione, un rapporto molto più stretto di quanto si possa
pensare: quest'ultima, infatti, non è antitetica alla memoria ma su
questa si appoggia.
Non è vero che la fantasia del bambino sia più ricca di quella
dell'adulto, ma la crescita della immaginazione e quella della
razionalità hanno uno sviluppo divergente, a scapito del momento
razionale, fino a quando, nell'adulto, il rapporto si capovolge. Non è,
però, l’immaginazione a diminuire in quantità o in qualità, ma la
razionalità a svilupparsi maggiormente.
La cultura occidentale, infatti, si preoccupa di sviluppare l'emisfero
sinistro del nostro cervello, privilegiando una conoscenza basata
sull'analisi razionale della realtà. Questo tipo di educazione
condiziona vivamente l'immagine che ciascuno ha di se stesso, come
adulto capace di analizzare, spiegare, calcolare ma non sempre di
trasformare. Da qui la rigidità di alcuni stereotipi che ci portano a
vivere seguendo strade abitudinarie, fisse, che non permettono alle
nostre energie di fluire liberamente dall'interno verso l'esterno,
ampliando così il nostro campo di coscienza.
La Scrittura Archetipa è quell'atto totale, non solo mentale, che
permette di arrivare ai primi pensieri, là dove l'energia è viva, è allo
stato puro, non ancora inibita dall'atteggiamento di autocensura che
vive in ciascuno di noi.
Immaginiamo che al di sotto del livello di coscienza oggettiva convivano
in noi due forze, che per comodità identifichiamo nel personaggio del
Creativo e in quello del Controllore. Il primo è la sede della nostra
energia creativa, il luogo in cui scocca la scintilla dei nostri primi
pensieri, quelli immediati, nati dall'intuizione non ancora modificata.
Il secondo è invece la nostra censura che modifica ed inibisce quella
bomba di energia per renderla più accettabile ai nostri tabù, alle
abitudini e alle consuetudini, alla nostra educazione e via dicendo.
Quando i pensieri passano attraverso questo filtro, perdono la loro
forza primigenia e giungono al nostro livello di coscienza ormai
modificati. Non sono più quello che erano in origine e, così censurati,
si presentano all’attenzione cosciente quando ormai sono di seconda
mano. E ancora continuiamo a modificarli, ormai a livello cosciente,
perché abbiamo paura di ammetterli, oppure perché non ci sentiamo di
comunicare anche a noi stessi quello che veramente siamo, quello che è
in noi. E' allora che indossiamo le maschere e ci troviamo a vivere di
terzi, quarti o quinti pensieri, allontanandoci sempre di più dal nostro
Sé superiore.
Proviamo a vedere che cosa succede invece quando ci dedichiamo alla
Scrittura dell’Anima: l'intuizione è catturata nella sua espressione
primigenia e, così com'è, portata a livello di coscienza, permettendo ai
nostri pensieri di rivelarsi a noi stessi così come nascono, quali,
appunto, primi pensieri.
Non si tratta più di scrivere quello che noi razionalmente crediamo sia
giusto pensare, perché così ci è stato insegnato, bensì di catturare
l'energia racchiusa in ciò che pensiamo veramente. Solo allora nasce la
scintilla, se non lasciamo il tempo a quel noioso Controllore Interno di
censurare le immagini che arrivano dal nostro Sé superiore. Dalla nostra
Anima. Dal nostro Io. Ed afferriamo al volo quelle immagini,
catturandole, e le tratteniamo sulla carta, giusto il tempo di lasciare
loro la parola.
IL CASO DEL FOLLETTO
Ecco tre casi che ci aiutano a capire quale effetto può indurre la
Scrittura dell’Anima.
Il primo è quello che ho chiamato il Caso del Folletto: un mio cliente,
un manager con grandi responsabilità nell’ambito lavorativo, quando si
accinge a cambiare posto di lavoro incomincia a denunciare crisi di
asma. Proviamo ad utilizzare anche la Scrittura. Tra le altre gli
esce una frase su cui ci soffermiamo. "Nella mia gola folletti di
Natale trasportano le stelle". Ma cosa sono queste stelle
trasportate dai folletti? Continuiamo a lavorare scrivendo e dalla sua
penna nasce un "… quando il profumo di Stella mi penetrava violento".
Scopro che Stella era la zia trentenne di cui lui, tredicenne, si era
innamorato. Ad una cena di Natale le aveva dichiarato il suo amore e lei
prima lo aveva definito "folle", e poi lo aveva assalito verbalmente
deridendolo. In quel momento lui aveva sentito il profumo di Stella,
cioè le sue parole dure strozzargli la gola, e si era sentito piccolo e
impotente. Da lì erano nate le prime crisi di asma, che si erano
riproposte dopo molti anni in occasione del cambiamento di lavoro quando
si era trovato affiancato da una collega femmina dal carattere
prevaricante.
Gli propongo di estrarre i folletti dalla sua gola: ricominciamo a
scrivere e arriva un " i folletti mi raccontano che sono troppo
piccolo e non sono capace" che mi induce a farlo entrare in
contatto con il suo bambino Interiore. Dopo qualche seduta scrive un
addio al Folletto ringraziandolo di averlo accompagnato fin lì, ma "
il tuo profumo si disperde nella valle lontana mentre ti vedo
indietreggiare con aria stanca. Il tuo compito è terminato, ti ringrazio
e ti libero".
Gli attacchi di asma spariscono, rinasce la sicurezza in se stesso.
IL CASO DEL TAXI
Arriva da me una donna di 49 anni che, in preda a crisi di panico, non
riesce più a guidare la macchina. E’ in menopausa. Il padre faceva il
taxista e lei dai suoi 18 anni guida "bene come un uomo". Ora invece,
quando sale in macchina per mettersi alla guida, è presa dal panico, le
gambe le tremano e la assale la tachicardia. Trattandosi di menopausa
lavoriamo sul Maschile e sul Femminile.
Ne esce una Femmina Interiore fragile che però vorrebbe sopravvivere. "Il
mio respiro trema e mi ritrovo ai margini di una strada sporca. Attendo
di raccogliere la pozza del mio sangue per bagnarmi di rosso e rinascere".
Appare come un’ombra che si dissolve per rinascere subito. Si chiama
Fenice. Il Maschile è un cacciatore con un fucile in mano e le gambe da
ballerina. Il Femminile dice al Maschile: " tu mi vorresti uccidere,
ma io avvolgerò le tue gambe tra il fumo della mia fragilità e ti
impedirò di danzare la mia morte".
Un femminile combattuto tra la paura di morire (menopausa) e la volontà
di resistere. Per resistere blocca le gambe del Maschile impedendogli di
danzare, di "stare" nella vita. Il Maschile era il Padre, conducente di
taxi: la reazione era il suo no alla guida. Ma uccidendo il suo Maschile
stava castrando se stessa (panico) immobilizzandosi, tagliandosi le
gambe.
Con la Scrittura abbiamo lavorato sulla armonizzazione tra Maschile e
Femminile, fino al suo ritorno alla guida.
IL CASO DELLA FRETTA
Questo è il caso di una donna 35 anni, devota di un Maestro e coinvolta
in un proprio cammino spirituale. E’ arrivata da me perché si era
sentita bloccata da una pratica metodica che l’avrebbe aiutata a
"bruciare il karma". Doveva fare degli esercizi quotidiani, oltre alla
meditazione, ma non riusciva a farli con metodo. Ci siamo chieste da
dove venisse questa sua insofferenza alla disciplina.
Era una donna ansiosa, che voleva tutto subito. "I corpi cucivano
mentre assaporavo la mia vendetta e del dolore delle vittime ridevo
urlando il mio diritto all’oblio". Già altrove, nella scrittura, le
erano uscite immagini da violenza agita e subita, ma sempre in contesti
"militari". Abbiamo ipotizzato che potesse trattarsi di immagini
regressive. " Nel giro delle corrotte esistenze la ruota si placa a
tratti, a tratti contorta mi espone alle pene della mia responsabilità".
Il rifiuto della disciplina per bruciare in fretta il karma era servito
a farle capire che non poteva affrettare quel passo prima di capire
qualcosa. Seguì per un po’ un’altra strada imparando ad avere un diverso
rapporto col tempo, si calmò, entrò nel suo tempo interiore e dopo due
anni prese quella pratica ritornando a seguire il suo Maestro.
SCRIVERE PER...
La Scrittura dell’Anima, allora, per leggere e scrivere la propria
storia presente, passata e futura, attingendo a quello spazio senza
tempo nel quale ciascuno di noi conosce la Meta e il Percorso. Per
attingere alla voce del Sé che non ha dimenticato il nostro compito e
può darci le indicazioni utili per affrontare ogni nostro passaggio con
consapevolezza. Per non cadere in quelle trappole della Personalità che
si chiamano oblio, paura, abbassamento del livello di pensiero, disagio
di vivere, malattia.
Per imparare a cogliere, in ogni evento, stimoli ed opportunità di
crescita e per assumerci la responsabilità della nostra vita in un
atteggiamento di centratura e silenzio interiore.
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