A cura di Katia Bernuzzi

FaraEditore

Pagg. 144 - prezzo € 11,36

 
 
 

 

I LINGUAGGI DELLA FOLLIA

Questo volume è dedicato alle varie manifestazioni della follia senza la pretesa di individuare una "essenza" della pazzia, ma indagandone i rapporti con l'atto criminoso, con la creatività artistica, con la malattia mentale, con la figura del "contrario" nelle culture tribali, con gli aspetti dionisiaci e "teatrali" (con l'esperienza di Artaud). Degno di menzione particolare il saggio di Etienne Balibar su crimine e follia.


Per quanto la realtà umana sia in genere pluriforme e cangiante ("selva di selve", e' stato detto), pochi fenomeni sono tanto umbratili e sfuggevoli quanto la follia. Affrontarla richiede sguardi il più possibile variegati, il cui incontro costituisce il tessersi di una trama che per approssimazione rimanda all'apertura inesauribile dell'oggetto. L'impostazione dialogica del volume I linguaggi della follia - una raccolta di saggi provenienti da svariati ambiti disciplinari ma fortemente interconnessi e fitti di riferimenti incrociati e' il luogo ideale per lo svolgimento di questa dinamica, che è in realtà un vero e proprio metodo di lavoro. Con piglio quasi fenomenologico, viene subito anticipato che la follia ha avuto una sua molteplicità diacronica e sincronica, un suo divenire storico nel corso del quale si è presentata ed è stata riconosciuta in fogge eterogenee e irriducibili. Vano, dunque, pretendere di focalizzare un'essenza o di fissarne monologicamente una dimensione metafisica: "se ne segua il cammino, allora, l'intricato gioco di assurdi, lo stravagante modo di impossessarsi delle coscienze, gli innumerevoli linguaggi con cui si mostra all'uomo, il disarmante scompiglio che suscita negli osservatori". "Linguaggi": in questo plurale passa una varietà che si attaglia tanto più intrinsecamente a una dimensione di "eterotopia" quale quella della follia. Per dirla con le parole di un autore che più volte fa capolino tra le pagine del libro, "le eterotopie inquietano, senz'altro perche' minano segretamente il linguaggio, perché vietano di nominare questo e quello, perché  spezzano e aggrovigliano i nomi comuni, perché devastano anzi tempo la 'sintassi' e non soltanto quella che costruisce le frasi, ma anche quella meno manifesta che fa 'tenere insieme' (a fianco e di fronte le une alle altre) le parole e le cose" (M. Foucault, Le parole e le cose).
Sintetizzando le tappe principali di un percorso ben altrimenti avvincente, si può dire che il volume ci guida da una rilettura di Platone sullo sfondo della follia dionisiaca, al medioevo cristiano di Sebastian Brant; dalla dottrina esoterica di Yeats alle voci di alcuni scrittori tormentati e inquieti (Antoine Artuad, Sylvia Plath, Anne Sexton); dal ruolo del "massaum" nella cultura Cheyenne, alle difficoltà che la società incontra per affrontare giuridicamente il nodo crimine-follia; dal costituirsi di saperi/poteri atti a catalogare e gestire la devianza (la legge, la psichiatria) all'abbassamento nietzscheano della vita fin dentro i suoi abissi dionisiaci. Ricorrendo anche alla forma dell'intervista a esperti del settore (il filosofo Carlo Gentili e il sociologo del diritto Emilio Santoro), il volume, nella sua sintassi polifonica, ci da' un quadro competente e non banale di quell'alterità che si profila quale vero e proprio "banco di prova delle identità definite".


Francesco Cattaneo

Fonte: Il pensiero mazziniano n. 56 nuova serie
Aprile-Giugno 2001