I LINGUAGGI DELLA FOLLIA
Questo volume è dedicato alle varie manifestazioni
della follia senza la pretesa di individuare una "essenza" della pazzia,
ma indagandone i rapporti con l'atto criminoso, con la creatività
artistica, con la malattia mentale, con la figura del "contrario" nelle
culture tribali, con gli aspetti dionisiaci e "teatrali" (con l'esperienza
di Artaud). Degno di menzione particolare il saggio di Etienne Balibar su
crimine e follia.
Per quanto la realtà umana sia in genere
pluriforme e cangiante ("selva di selve", e' stato detto), pochi fenomeni
sono tanto umbratili e sfuggevoli quanto la follia. Affrontarla richiede
sguardi il più possibile variegati, il cui incontro costituisce il
tessersi di una trama che per approssimazione rimanda all'apertura
inesauribile dell'oggetto. L'impostazione dialogica del volume I
linguaggi della follia - una raccolta di saggi provenienti da svariati
ambiti disciplinari ma fortemente interconnessi e fitti di riferimenti
incrociati e' il luogo ideale per lo svolgimento di questa dinamica, che è
in realtà un vero e proprio metodo di lavoro. Con piglio quasi
fenomenologico, viene subito anticipato che la follia ha avuto una sua
molteplicità diacronica e sincronica, un suo divenire storico nel corso
del quale si è presentata ed è stata riconosciuta in fogge eterogenee e
irriducibili. Vano, dunque, pretendere di focalizzare un'essenza o di
fissarne monologicamente una dimensione metafisica: "se ne segua il
cammino, allora, l'intricato gioco di assurdi, lo stravagante modo di
impossessarsi delle coscienze, gli innumerevoli linguaggi con cui si
mostra all'uomo, il disarmante scompiglio che suscita negli osservatori".
"Linguaggi": in questo plurale passa una varietà che si attaglia tanto più
intrinsecamente a una dimensione di "eterotopia" quale quella della
follia. Per dirla con le parole di un autore che più volte fa capolino tra
le pagine del libro, "le eterotopie inquietano, senz'altro perche'
minano segretamente il linguaggio, perché vietano di nominare questo e
quello, perché spezzano e aggrovigliano i nomi comuni, perché
devastano anzi tempo la 'sintassi' e non soltanto quella che costruisce le
frasi, ma anche quella meno manifesta che fa 'tenere insieme' (a fianco e
di fronte le une alle altre) le parole e le cose" (M. Foucault, Le
parole e le cose).
Sintetizzando le tappe principali di un percorso ben altrimenti
avvincente, si può dire che il volume ci guida da una rilettura di Platone
sullo sfondo della follia dionisiaca, al medioevo cristiano di Sebastian
Brant; dalla dottrina esoterica di Yeats alle voci di alcuni scrittori
tormentati e inquieti (Antoine Artuad, Sylvia Plath, Anne Sexton); dal
ruolo del "massaum" nella cultura Cheyenne, alle difficoltà che la società
incontra per affrontare giuridicamente il nodo crimine-follia; dal
costituirsi di saperi/poteri atti a catalogare e gestire la devianza (la
legge, la psichiatria) all'abbassamento nietzscheano della vita fin dentro
i suoi abissi dionisiaci. Ricorrendo anche alla forma dell'intervista a
esperti del settore (il filosofo Carlo Gentili e il sociologo del diritto
Emilio Santoro), il volume, nella sua sintassi polifonica, ci da' un
quadro competente e non banale di quell'alterità che si profila quale vero
e proprio "banco di prova delle identità definite".
Francesco Cattaneo
Fonte: Il
pensiero mazziniano n. 56 nuova serie
Aprile-Giugno 2001