Il mistero di TUNGUSKA 30 giugno 1908, ore 7,17: un oggetto infuocato saetta nel cielo sereno della Siberia
Il desolato Altopiano Centrale trema per la gigantesca esplosione provocata dall'impatto della misteriosa "cosa". All'esplosione termica iniziale seguono violentissime onde d'urto, una tempesta infuocata e una pioggia nera che contamina il territorio per centinaia di miglia. La scossa sismica che ne deriva è registrata negli osservatori di Mosca, Parigi, Londra e perfino Washington, dall'altra parte del globo. Una gigantesca colonna di fuoco si alza nel terso cielo azzurro, raggiungendo un'altezza tale da rendere visibile la sua luce accecante agli sbigottiti siberiani distanti centinaia di miglia. Il boato dell'esplosione fu udito fino a 200 chilometri dall'epicentro. La "cosa" precipitò nella Tunguska Pietrosa, devastando un'area di oltre 2000 chilometri quadrati, sradicando e disintegrando qualsiasi cosa, liberando un vento infuocato e radioattivo che inaridì il territorio. Nella regione vivevano pochissime persone e la devastazione non interessò nessun centro abitato. Per due notti gran parte dell'emisfero boreale fu illuminato da un'aurora rossastra che permise ai londinesi (a 6000 chilometri di distanza) di leggere il giornale di notte senza l'utilizzo di lampade. Cosa aveva provocato una simile catastrofe? Sopra: due fotografie della foresta abbattuta
Sopra: nella prima fotografia il cielo dell'Europa illuminato da un'aurora rossastra dal 30 giugno al 1° luglio 1908; nella seconda il cielo di Kanks, una cittadina della Russia Settentrionale, all'alba del 30 giugno 1908. Le testimonianze dell'evento vennero raccolte solamente dopo circa 15 anni, poiché la Russia dall'inizio del secolo attraversava un delicato momento politico ed il governo aveva altro da preoccuparsi che organizzare spedizioni. Queste testimonianze, fornite da abitanti della zona, parlano di un oggetto di forma sferica o cilindrica, di color rosso o giallo. Non venne notata la scia di fumo caratteristica delle meteoriti ferrose. A sei minuti dall'esplosione, iniziò una tempesta geomagnetica - durata alcune ore - simile ai disturbi magnetici provocati dalla esplosioni nucleari nell'atmosfera, che fu rilevata dall'Osservatorio Magnetico e Meteorologico di Irkutsk . Nonostante la portata del fenomeno, non ci fu nessuna reazione da parte della scienza e solo qualche giornale locale riportò la notizia dell'evento, ipotizzando la caduta di un grosso meteorite nella Taiga. L'evento fu così "dimenticato" fino al 1921, quando una spedizione dell'Accademia delle Scienze Russa organizzò una ricerca del presunto punto d'impatto del meteorite. Giunti sul posto si presentò ai membri della spedizione uno scenario da incubo, risultato di una potenza distruttiva inimmaginabile all'epoca: non vi era più traccia dell'immensa foresta che avrebbero dovuto trovarvi, ma solamente alberi carbonizzati nell'area di 2000 chilometri quadrati, disposti nella caduta a terra in maniera radiante, come se vi fosse stato un epicentro energetico espanso verso l'esterno. All'epicentro dell'esplosione i ricercatori non rilevarono nessun cratere meteorico, ma notarono che gli alberi al centro del presunto punto d' impatto erano ancora ritti, anche se carbonizzati. Da questo si dedusse successivamente che l 'esplosione era dovuta avvenire a 6-7 chilometri dal suolo. A capo della spedizione c'era Leonid A. Kulik, del Museo di Meteorologia di Pietroburgo che da allora dedicò anima e corpo al mistero di Tunguska. Kulik era del parere che data la mancanza di un enorme cratere meteorico, l' evento fosse stato causato da uno sciame di meteoriti. Questo non trovò d'accordo alcuni scienziati e la teoria del meteorite cominciò a vacillare e ad avere numerosi punti deboli: primo fra tutti il fatto che non era stato trovato neppure il più piccolo frammento del bolide. Sopra: Leonid Kulik e Ilya Potapovich, il pastore tunguso che lo guidò sul posto della catastrofe
Tragico il destino di Kulik, morto nel 1942 in un lager nazista. Tre anni dopo il 6 agosto 1945, si comprenderà quale tremenda energia doveva essersi scatenata a Tunguska, quando il bombardiere B-29 "Enola Gay" sganciò il suo carico di morte su Hiroshima. Le aurore generate dall'esplosione e la distruzione radiale, furono analogie che non sfuggirono agli studiosi del dopoguerra, che collegarono i due eventi, sciogliendo il primo nodo. Tunguska come Hiroshima e Nagasaki.
Sopra:
comparazione tra le fotografie dell'epicentro dell'esplosione di Tunguska e
quello di Hiroshima Cosa che invece potrebbe benissimo essere prodotta dall'impatto con un buco nero o da un frammento di antimateria (anche se non se ne conoscono a fondo le caratteristiche fisiche di questi oggetti), ma data la loro presunta composizione, sarebbero in grado di scatenare una reazione nucleare. Come sarebbe in grado di produrre un'esplosione nucleare un'astronave extraterrestre in avaria (ma questa è una teoria molto azzardata). L'unica cosa certa è che il 30 giugno 1908 sulla tundra siberiana ebbe luogo un evento che solamente molti anni più tardi, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si riuscì a comprendere in tutta la sua spaventosa potenza. Il Dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna, assieme a ricercatori dell'Istituto di Geologia Marina del CNR di Bologna e dell'Osservatorio Astronomico di Torino hanno organizzato nel 1999 una spedizione scientifica in Tunguska, battezzata "Tunguska99". Il supporto locale è stato fornito da personale e ricercatori dell'Università di Tomsk (Russia), guidati dagli accademici N.V. Vasilyev e G.F. Plechanov e dal prof. G.V. Andreev. Scopo della spedizione è stato quello di effettuare un'esplorazione sistematica del sito dell'evento di Tunguska, al fine di stabilire la natura del corpo la cui esplosione devastò circa 2000 chilometri quadrati di taiga abbattendo più di 60 milioni di alberi.
I partecipanti e l'equipaggiamento della spedizione
sono stati trasportati dall'Italia a Krasnoyarsk da un velivolo Iljushin
IL-20M dell'Istituto Statale di Ricerca dei Sistemi Aerei (GosNIIAS) e da
Krasnoyarsk a Tunguska da un elicottero MI-26.
Dopo aver eseguito uno studio
geofisico/sedimentologico del lago Cheko, un piccolo lago (diametro di circa
500 metri) che si trova a 8 km dall'epicentro, il lavoro del team aveva due
obiettivi principali: 1) verificare se la formazione del lago potesse essere
correlata all'evento del 1908; 2) rilevare nella sequenza sedimentaria nel
lago evidenze geofisiche e geochimiche dell'evento, dalle quali trarre
informazioni sulla natura dell'oggetto cosmico. E' stata compiuta un'analisi
aerofotografica multispettrale impiegando il velivolo Iljushin IL-20M
dell'Istituto Statale di Ricerca dei Sistemi Aerei (GosNILAS). L'analisi
aerofotografica ha riguardato una superficie di oltre 230 km2
compresi tra le latitudini 60° 50' 00" N e 60° 58' 30" N e tra le
longitudini 101° 45' 00" E e 102° 05' 00" E. Le immagini sono state
realizzate in scala 1:8000 e 1:14000 con una copertura del 60% in
longitudine e del 30% in latitudine. Sono stati raccolti campioni di legno dagli alberi sopravvissuti all'esplosione del 1908 posti a differenti distanze dall'"epicentro" in modo da approfondire l'analisi eseguita dalla prima spedizione italiana nel 1991. E' stata raccolta una zolla di torba (50 x 20 x 70 cm) in un punto distante circa 500 m dal lago Cheko. Verranno eseguite l'analisi isotopica e l'esame dei pollini in modo da trovare indicazioni sulla composizione dell'oggetto cosmico. Si analizzeranno anche i pollini presenti nei carotaggi effettuati nei sedimenti del lago Cheko e nei campioni di torba prelevati da strati precedenti e successivi all'evento Tunguska. A tal fine sono stati raccolti campioni di fiori in diversi punti della zona. Lo studio dei pollini dovrebbe consentire di ottenere informazioni sui cambiamenti nella vegetazione a seguito dell'impatto del 1908. Si procederà allo studio della petrologia e della geochimica delle rocce ignee del Mesozoico che affiorano nella regione di Tunguska. Verranno analizzati i campioni raccolti dalla cosiddetta "John rock" al fine di individuare se la sua origine sia terrestre o cosmica. Si stanno esaminando anche due chilogrammi di ghiaia provenienti dal fondo del lago per individuare se la vetrificazione sia connessa con fenomeni vulcanici o sia imputabile all'evento Tunguska. Un rilevatore del gruppo VRC
(Variazione della Radiazione Cosmica) dell'Università di Bologna ha
monitorato i raggi gamma sia durante i viaggi aerei Italia-Siberia-Italia
sia durante le due settimane di permanenza nella Riserva Naturale di
Tunguska. Simili rilevatori sono stati utilizzati nel passato dal gruppo per
studiare le variazioni dei raggi gamma dipendenti dall'attività solare, dal
campo geomagnetico e dalle condizioni ambientali in Italia, Antartide, isole
Svalbard, Himalaya e durante il viaggio per mare Italia-Antartide-Italia. Nel 2002 sono stati raccolti altri dati supplementari in riferimento a:
Due ricercatori bolognesi, Romano Serra e Maurizio Serrazanetti, sono stati sul luogo dell'esplosione di Tunguska dal 19 al 30 luglio 2002. I due ricercatori italiani sono stati assistiti da Gennady Andreev, Larissa V.Pavlova, John Anfinogenov e Maria Shvedova, dell'Università di Stato di Tomsk e dell'Università Politecnica di Tomsk. Il loro lavoro ha fornito nuove e importanti informazioni... Speriamo quanto prima di dare una risposta certa e definitiva a una delle più misteriose catastrofi che il genere umano ricordi.
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