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Astroarcheologia
Una scienza eretica
Stukeley, Lockyer, Atkinson, Watkins,
Thom: questi nomi dicono forse poco o nulla, ma appartengono
ad alcuni tra gli studiosi che più hanno contribuito, dal
’700 fino a oggi, a svelare il mistero di Stonehenge e degli
altri siti megalitici delle isole britanniche. Scienziati
romantici che hanno creduto alla possibilità di
un’astronomia antica, rovesciando con prove
difficoltosamente raccolte il facile paradigma della
«splendida barbarie» in cui, secondo la scienza ortodossa,
vivevano le antiche popolazioni del Nord Europa.
Grazie a loro, i misteriosi cromlech si sono rivelati
rispecchiamenti in terra del cielo, costruiti secondo
precise corrispondenze astronomiche e calendariali che per
precisione non hanno nulla da invidiare ai calcoli moderni.
Non solo luoghi di culto, dunque, ma strumenti del sapere,
sacri orologi delle comunità che vivevano attorno a essi e
prodigiose testimonianze del genio umano. Gli stessi
allineamenti ricorrono poi nei templi egizi, nelle piramidi
e infine anche nella gigantesca rete di linee, centri e
disegni che innervano le pianure del Sudamerica
precolombiano.
In questo volume Michell schiude per noi la suggestiva
prospettiva di coloro che seppero guardare al passato senza
infondati pregiudizi (mentre l’archeologia cadeva sotto il
dominio della tecnologia) e che per primi decifrarono il
libro di pietra a cui i nostri progenitori avevano affidato
la loro sublime sapienza.
John Michell
è uno studioso di scienza, numerologia e storia delle
religioni. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo
Twelve Tribe Nations and the Science of Enchanting the
Landscape e The New View over Atlantis. Le Edizioni L’Età
dell’Acquario hanno pubblicato, nel 2006, Il segreto del
Tempio di Gerusalemme.
INTRODUZIONE:
Da quando nel 1976 è
comparsa la prima edizione di questa breve
storia, nel mondo dell'astroarcheologia
hanno avuto luogo sviluppi importanti. Per
contemplare questi progressi, il testo è
stato aggiornato, anche se in gran parte
continua a mantenere la forma originale e il
suo scopo resta inalterato. Essa illustra
gli inizi e la crescita di un soggetto del
tutto nuovo per il mondo scientifico,
riguardante la relazione esistente fra i
monumenti e i templi antichi e la posizione
dei corpi celesti così come furono osservati
dai loro costruttori. Solo fino a pochi anni
or sono questo argomento era praticamente
tabù, innominabile all'interno dei circoli
accademici. Oggi, al contrario, le sue
premesse di base sono accettate come prove
evidenti. Questo improvviso e rapido
mutamento d'opinione da parte
dell'ortodossia scientifica, oltre a essere
un fenomeno interessante di per sé,
rappresenta una svolta di pensiero nei
confronti del passato capace di determinare
vaste ripercussioni, che vanno ben oltre
l'ambito della semplice passione per
l'antichità.
L'attuale tendenza è quella di attribuire a
questo nuovo oggetto di ricerca il nome di
archeoastronomia, come se si trattasse
soltanto di una questione riguardante
astronomi o storici dell'astronomia
piuttosto che archeologi. Tuttavia, per
quanto finora siano stati gli astronomi a
contribuire maggiormente al suo sviluppo,
vantando a riguardo un interesse non solo
ovvio ma legittimo, oggi è però evidente
come l'astronomia non sia che uno dei codici
scientifici tradizionali noti ai costruttori
dei monumenti megalitici e agli architetti
che realizzarono i templi del mondo antico.
Nella loro collocazione, orientazione e
relazioni reciproche, queste strutture sono
state in genere correlate a fenomeni
celesti, ma sono altrettanto evidenti quelle
caratteristiche non interpretabili in senso
solo astronomico. Perché il loro segreto non
riposa solamente nelle stelle, ma in quella
stessa terra calpestata dagli antichi
costruttori. Questo restituisce agli
archeologi la responsabilità di investigare
questa antica scienza, col compito di
individuare e coordinare i diversi approcci
che si stanno articolando attorno ad essa.
Precisato questo, sia nel titolo che nel
corso del testo ho comunque mantenuto la
dizione consolidata di astroarcheologia.
Dall'eresia all'ortodossia
Le teorie della scienza e del sapere
accademico, non meno delle credenze
religiose, sono soggette a mutamenti
continui, in cui l'ortodossia di un'epoca
diventa eresia per un'altra e viceversa. Non
esiste convinzione, per quanto assodata, che
possa ergersi come incontrovertibile sotto i
marosi incalzanti dei diversi mutamenti
mentali delle generazioni successive;
ciononostante, la visione del mondo o lo
schema concettuale a cui ciascun individuo è
assuefatto sono per lui qualcosa di così
prezioso, qualunque sia il contesto
conoscitivo, che le nuove idee che li
mettono in discussione sono tendenzialmente
rifiutate, con una tale ostinazione da
apparire incomprensibile a un osservatore
esterno.
Nelle pagine di questo libro seguiremo la
nascita di una teoria archeologica che mette
in relazione la progettazione e l'ubicazione
dei siti megalitici con l'osservazione della
posizione occupata dai corpi celesti al
momento in cui questi monumenti vennero
realizzati. Apparentemente un'idea innocua,
ma che in realtà suscita non poche passioni;
questo perché dietro all'interrogativo se
sia vero oppure no che circa quattromila
anni fa i costruttori megalitici
applicassero già l'astronomia scientifica,
si celano altre problematiche assai più
serie, relative alla storia e all'autentica
natura della civiltà umana. In questo campo
si schierano due ipotesi completamente
opposte. Quella moderna, che si ispira alla
teoria del progresso evolutivo, sostiene che
la civiltà sia un fenomeno recente e unico.
A questo punto di vista si contrappongono
l'antica dottrina platonica e la filosofia
pagana, secondo le .quali la civiltà si
manifesta in fasi successive, dagli
insediamenti primitivi, attraverso lo
sviluppo dell'agricoltura e della
tecnologia, al raggiungimento di un culmine
cui seguono decadenza e oblio, uno schema di
eventi che si ripeterebbe continuamente. La
prima di queste concezioni, quella difesa
dalla moderna ortodossia, serve a
giustificare molti degli atteggiamenti
politici e scientifici oggi imperanti, e per
questo non sembra essere disposta a cedere
con facilità il passo all'ipotesi rivale.
L'opposizione culturale alla teoria dell'astroarcheologia
è poi ulteriormente consolidata dalla
consapevolezza che qualora si dovesse
riconoscere alla cultura del Neolitico una
conoscenza astronomica superiore a quella
medievale, per non dire sotto certi aspetti
addirittura a quella odierna, l'attuale fede
incondizionata riposta nella qualità
assoluta delle nostre attuali conquiste
scientifiche verrebbe meno. Eppure le prove
di un notevole e assai diffuso sviluppo
delle conoscenze scientifiche nell'Età della
pietra continuano ad accumularsi. La
cittadella dell'ortodossia archeologica è
presa d'assedio e un nuovo paradigma storico
sta emergendo per rimpiazzare il vecchio. Ho
concepito questo saggio per illustrare le
tappe attraverso le quali una nuova idea,
nella fattispecie la teoria sottesa all'astroarcheologia,
sia riuscita a trasformarsi da fantasia
lunatica a eresia, da concezione
interessante a oggetto di studio finalmente
autorizzato a bussare alle porte della
scienza riconosciuta.
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