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FATE CELTICHE
Storie di Fate Scozzesi e Irlandesi
raccolte da Joseph Jacobs
e illustrate da John D. Batten
RIPETI QUESTE PAROLE
tre volte con gli occhi chiusi:
e vedrai
ciò che vedrai
Indice:
Introduzione pag.
5
Prefazione
pag. 6
Connla e la fanciulla fatata
pag. 10
Guleesh pag.
13
Il campo di boliauns pag.
28
Le donne con le
corna pag.
31
Conall Yellowclaw
pag. 34
Il pastore di Myddvai pag.
44
L’allegro
sarto pag.
47
La storia di Deirdre pag.
50
Albero d’Oro e Albero
d’Argento pag. 64
Il corteggiatore di Olwen
pag. 68
Jack ed i suoi
compagni
pag. 78
La Shee An Gannon ed il Gruagach Gaire
pag. 85
Il cantastorie in
difficoltà
pag. 92
La Fanciulla del
Mare
pag. 101
Una leggenda di Knockmany
pag. 109
Jack ed il suo
padrone
pag. 118
La storia di
Ivan pag.
125
Andrew Coffey pag.
129
La battaglia degli
uccelli
pag. 133
La bollitura dei gusci
d’uovo
pag. 146
Il ragazzo con la pelle di
capra
pag. 148
Note e
riferimenti
pag. 156
Sondaggio
pag. 185
Introduzione
Nella
traduzione di questo libro dall’originale in lingua Inglese, abbiamo
omesso alcune storie in quanto, troppo simili a favole vere e proprie di
tradizioni anche ben conosciute o assolutamente non contenenti esseri
fatati o tradizioni in qualche modo caratteristiche dei Celti, non
abbiamo ritenuto potessero essere d’interesse per il lettore. Abbiamo
invece conservato le lettere illustrate a capoverso come nell’edizione
originale, perché le consideriamo molto belle e certamente degne di
essere viste, nonostante per la maggior parte non siano adattabili alla
traduzione italiana: molto spesso, infatti, troviamo frasi iniziali
quali: “There was a time” come in Guleesh, dove infatti vediamo la T
all’inizio della storia che è stata però tradotta con “Vi era un tempo”.
Siamo
certi che questo piccolo “espediente” non tolga nulla alla bellezza ed
al godimento di queste storie realmente molto caratteristiche.
Buona
lettura!!
Gli Editori
Prefazione dell'Autore
Lo scorso anno, nell’approntare per i
giovani un libro di storie di Fate Inglesi ho trovato difficoltà nel
raccoglierle. Questa volta, nell’offrire questi esempi del ricco
folklore dei Celti di queste isole, la mia preoccupazione è stata
piuttosto la selezione. In Irlanda si è cominciato a raccogliere le
storie folcloristiche locali prima che in qualunque altro paese in
Europa e Croker ha trovato un’intera scuola di successori in carleton,
Griffin, Kennedy, Curtin e Douglas Hyde. La Scozia vanta il grande nome
di Campbell, che ha tuttora validi seguaci in MacDougall, MacInnes,
Carmichael, Macleod e Campbell di Tiree. Il Galles non ha nomi
paragonabili a questi; in questa area i Cimri hanno mostrato meno vigore
dei Gaedeli. Forse l’Eisteddfod, che ha offerto degli splendori alla
collezione di storie folcloristiche del Galles, può eliminare questa
inferiorità. Nel frattempo, il Galles deve accontentarsi di essere in
qualche modo rappresentato tra le Storie di Fate dei Celti, mentre
l’estinta lingua della Cornovaglia ha contribuito con una sola storia.
Nell’effettuare la mia selezione, ho
cercato principalmente rendere le storie caratteristiche. Sarebbe stato
semplice, specialmente prendendo da Kennedy, riempire un volume di
“Goblin dei Grimm” a' la Celtique. Ma ci si può stancare
anche di cose del genere, per quanto belle, ed io ho perciò evitato, nei
limiti del possibile, le formule più familiari della letteratura
folcloristica. Per fare questo ho dovuto allontanarmi dalle zone
dell’Irlanda e della Scozia in cui si parla lingua inglese e mi sono
posto come regola l’inclusione di storie prese esclusivamente da
contadini Celti che non sanno parlare tale lingua.
Posta questa regola, ho proceduto
subito ad infrangerla. Il successo di un libro di fate, sono convinto,
dipende dalla giusta miscela di divertimento e romanticismo: Grimm e
Asbjörnsen, e solo loro, conoscevano questo segreto. Ma i contadini
Celtici che parlano Gaelico amano raccontare storie in qualche modo
tristi: una volta tradotte e stampate, con mia sorpresa le ho trovate
fortemente carenti di umorismo. Per la parte divertente di questo libro
ho dovuto quindi rivolgermi principalmente al contadino Irlandese della
zona sotto il dominio degli Inglesi; ed a quale fonte migliore avrei
potuto attingere?
Per le storie più romantiche sono
dipeso dai Gaelici e, siccome so di Gaelico tanto quanto un parlamentare
Irlandese Nazionalista, sono dovuto dipendere dai traduttori. Ma mi sono
sentito più libero di loro, che generalmente sono molto letterali nella
traduzione, di cambiare, infiorare o modificare l’originale. Sono andato
persino oltre. Affinché le storie potessero essere caratteristiche
Celtiche, ho posto un’attenzione particolare a quelle tra esse che si
trovano ad entrambi i lati del Canale del Nord. Nel ri-narrarle, non ho
avuto scrupoli nell’interpolare qua e là una versione Scozzese ad una
variante Irlandese della stessa storia o viceversa. Confido che gli
studiosi di Celtismo mi perdoneranno per i cambiamenti che ho dovuto
apportare.
Le storie raccolte in questo volume
sono più lunghe e dettagliate di quelle Inglesi che ho raccolto lo
scorso Natale. Quelle romantiche sono certamente più romantiche e quelle
divertenti magari più divertenti, nonostante vi possa essere spazio per
opinioni diverse in merito. Questa superiorità delle storie
folcloristiche Celtiche è dovuto sia alle condizioni sotto cui sono
state raccolte sia ad una innata superiorità dell’immaginazione
popolare. Le storie popolari in Inghilterra sono agli ultimi stadi
dell’esaurimento. Le storie popolari Celtiche sono state raccolte mentre
la pratica del narrare storie è ancora in pieno vigore, nonostante tutti
i segni indichino che i suoi giorni sono contati. Ragione ulteriore per
raccoglierle e registrarle fino a che vi è tempo per farlo. Nel suo
complesso, l’industria dei raccoglitori di folklore Celtico è da lodare,
come si può vedere dalle Note e Riferimenti alla fine di questo volume.
Tra questi, vorrei richiamare l’attenzione allo studio della leggenda di
Beth Gellert, la cui origine credo di avere riconosciuto.
Mentre mi sono sforzato di rendere il
linguaggio di queste storie semplice e libero dagli artifici librari.
Non mi sono sentito libero di ri-narrarle in stile Inglese. Non mi sono
fatto scrupolo di conservarne il Cestismo e qui e là vi sono parole
Celtiche che non ho spiegato tra parentesi – una pratica che ogni brav’uomo
dovrebbe aborrire. Alcune parole sconosciute al lettore aggiungono solo
efficacia e colore locale alla narrazione, come il signor Kipling ben
sa.
In questa mia selezione vi è una
caratteristica del folklore Celtico che mi sono sforzato di
rappresentare, perché è pressoché unica al giorno d’oggi in Europa. Da
nessun’altra parte vi è un corpo si tradizioni orali così vasto e
consistente riguardo agli eroi nazionali e mitici come tra i Gaeli. Solo
le byline, le canzoni degli eroi della Russia, eguagliano in
estensione la quantità di conoscenza riguardante gli eroi del passato
che tuttora permane tra i contadini che parlano Gaelico in Scozia ed
Irlanda. E le storie e le ballate Irlandesi hanno questa peculiarità,
che alcune di loro esistono tuttora e datano circa un migliaio di anni.
Ho scelto come esempio di questo tipo la storia di Deirdre, raccolta
alcuni anni or sono tra i contadini Scozzesi ed in cui sono stato in
grado di inserire un passaggio preso sa una pergamena Irlandese del XII
secolo. Avrei potuto riempire altri volumi ancora con tradizioni orali
simili riguardanti Finn (il Fingal dell’ “Ossian” di MacPherson); ma la
storia di Finn, come viene narrata al giorno d’oggi dai contadini
Gaelici, merita un volume a parte, mentre le avventure dell’eroe
Ultoniano Cuchulain potrebbero facilmente riempirne un altro.
Mi sono sforzato di includere in
questo volume le storie migliori e maggiormente tipiche raccontate dai
migliori maestri delle storie folcloristiche Celtiche: Campbell, Kennedy,
Hyde e Curtin ed a queste ho aggiunto le storie migliori scovate da
altre parti. In tal modo spero di avere messo insieme un libro
contenente sia le storie migliori dei Celti che le più conosciute. Sono
stato in grado di fare questo solo grazie alla cortesia di coloro che
detenevano il copyright di queste storie. Lady Wilde mi ha gentilmente
concesso l’uso della sua efficace versione de “Le donne con le corna” e
devo ringraziare in particolar modo i signori MacMillan per il diritto
di usare le “Legendary Fictions” di Kennedy ed i signori Sampson Low &
Co. per l’uso delle storie del signor Curtin.
Nel fare la mia selezione ed in tutti
i momenti dubbiosi del procedimento ho attinto alla vasta conoscenza del
mio amico Mr. Alfred Nutt per quanto riguarda tutte le branche del
folclore Celtico. Se questo volume servirà a rappresentare agli Inglesi
la visione ed il colore, la magia e l’incanto del folclore popolare
Celtico, questo sarà dovuto in larga misura alla cura con cui il signor
Nutt ha controllato questo incedere. Con lui al mio fianco, ho potuto
avventurarmi in regioni dove i non-Celti camminano a proprio rischio.
Infine, devo ancora una volta
rallegrarmi della collaborazione del mio amico, Mr. J.D. Batten, nel
dare forma alle creazioni del folclore. Nelle sue illustrazioni, egli si
è sforzato di conservare il più possibile l’ornamentazione Celtica; egli
è un’autorità per tutti i dettagli dell’archeologia Celtica. Il destino
dei Celti nell’Impero Britannico somiglia fortemente a quello dei Greci
tra i Romani: “Essi continuavano a combattere, ma cadevano sempre”.
Tuttavia il Celta prigioniero ha reso schiavo il suo catturatore nel
regno dell’immaginazione. Il presente volume cerca di riportare la
prigionia ai suoi primi anni. Se potrà avere successo nel dare una
visione comune di ricchezza immaginativa ai figli dei Celti e dei
Sassoni di queste isole, avrà fatto molto di più per una vera unione dei
cuori di quanto hanno fatto tutti i nostri politici.
Joseph Jacobs
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