Si fa tanto un gran parlare di Marte in questi ultimi anni. Marte è sempre stato il pianeta che ha rappresentato, nell'immaginario collettivo, il cosmo con i suoi misteri, anche quelli che portano con sé i più inquietanti interrogativi.
Non so se capita anche a voi, come a me, osservando qualche foto del pianeta rosso o anche solamente pensando al suo suolo così desolato, di avvertire un senso di soffuso disagio, come una remota tristezza che potremmo paragonare al muto senso di solitudine che si prova camminando su un terreno devastato da un grande incendio.
L'impressione è netta: Marte è un mondo di echi lontani. Nulla di scientifico, è chiaro, ma sono convinto che prima o poi l'uomo riuscirà a dare una spiegazione al desolante silenzio che ci inganna da quando abbiamo iniziato a violare gli spazi ed il suolo del pianeta rosso. Prima, almeno, c'era solo la fantasia e potevamo appagare la nostra
inquietudine (o la nostra curiosità) immaginando omini verdi e scenari fumettistici su questo pianeta per molti versi "gemello" della Terra. Ora, le varie sonde ed i sofisticatissimi robottini elettronici, a metà fra un fuoristrada e un laboratorio mobile in formato ridotto, ci restituiscono una immagine di Marte come una sorta di immenso
cimitero del West, dove le carcasse dei morti, se ci sono, giacciono sotto metri di sabbia trasportata da impietose tempeste.
Solo che Marte fa le cose in grande. Le sue tempeste di vento sono di una violenza assolutamente devastante e gli sbalzi termici a cui è soggetto metterebbero a dura prova qualsiasi terrestre.
Ho parlato di "silenzio che ci inganna" e non l'ho fatto a caso o per una ricerca di frase ad effetto. Sto cercando di spiegare, come meglio posso, la mia sensazione che, di fronte a Marte, ci troviamo al cospetto di un immenso relitto, dove il silenzio è, in realtà un inganno, solo un epilogo, forse nemmeno eterno o assoluto. Le sue tempeste
di vento devono provocare un frastuono inimmaginabile, sempre che sia possibile udirlo, ma, anche in quel frastuono, noi udiremmo il silenzio del grande... epilogo.
Forse, una delle ragioni per cui Marte affascina tanto l'uomo sta proprio in questa dignitosa morte di cui ogni cosa sembra parlarci. Ma morte di cosa? Di qualcosa che, prima, viveva. Non è un gioco di parole, è una consequenzialità. Se si dice che Marte è un pianeta morto, forse dovremmo domandarci se lo è sempre stato e, in quel caso, sarebbe più
appropriato parlare di pianeta "non vitale".
Qualche razionalista un po' troppo impolverato di nozionismo potrebbe dirmi che ora siamo qui a parlare di Marte solo perché è il pianeta più vicino alla Terra (escludendo la Luna) e che molto probabilmente il cosmo è pieno di pianeti che mi suggerirebbero le stesse "fantasie". Forse. Ma io ho sempre nutrito la ferma convinzione che
l'Universo è un luogo dove possono accadere cose che nemmeno la fantasia del più prolifico scrittore di fantascienza potrebbe immaginare pertanto torno a domandarmi: perché su Marte no...? Cosa ci dovrebbe costringere a concludere che il nostro "gemello" non abbia mai ospitato la vita o che essa, magari sotto forma batterica o primitivamente
biologica, si cela (o sopravvive) da qualche parte, in qualche anfratto, grotta o sotto il suolo?
La mancanza di acqua: è un problema ma... nessuno può ancora asserire che l'acqua non esiste su Marte né che non sia mai esistita. Del resto, quello dell'acqua è un problema basilare se cerchiamo vita biologica e questo lo si sa da molto tempo. È sull'acqua, infatti, che si gioca la partita: se un giorno una sonda al suolo ci trasmettesse che ha
trovato tracce di acqua, sotto o sopra la superficie, o ancora acqua che fu presente e che ha lasciato inconfondibili segni nelle rocce, quel giorno sarebbe un grande giorno per tutta l'umanità. L'uomo di scienza lo sa. Il vero uomo di scienza credo che darebbe un occhio perché questo possa realizzarsi. Quel giorno potrebbe essere domani, se la fortuna
ci assiste, e pertanto domani potremmo avere la certezza che la vita è "davvero" un fenomeno universale, non casuale e non solamente terrestre.
Ma il problema di fondo sussisterebbe ancora: ci troveremmo di fronte a quel che resta o a qual che comincia ad essere...
Marte mi dà l'idea di essere un pianeta molto più vecchio della Terra e qui dovremmo sentire che cosa ne dicono gli astronomi e gli astrofisici. Fatto sta che il pianeta rosso sembra avere sulle spalle, ai miei occhi, qualche miliardo di anni in più della nostra Terra. E qualche miliardo di anni non sono noccioline... La mente corre a catastrofi
globali, guerre totali e scenari cari agli scrittori di fantascienza. Ma se la vita si "accende" sui pianeti per una fortunata serie di circostanze (a prescindere dai calcoli probabilistici), nulla ci impedisce di pensare che anche la fine di essa possa ripetersi in vari mondi per cause analoghe. Insomma, ci potrebbe essere una legge per la
nascita ed una legge per la morte, un processo creativo ed uno distruttivo dalle molteplici varianti. E, lasciandomi trasportare ancora un po' dalla fantasia, mi lascio sedurre dall'idea che Marte, oggi, sia un mondo di echi, un meraviglioso insieme di segni che aspettano solo di essere trovati ed interpretati.
Ci sono nel cosmo sassi morti, pianeti senza vita. Oppure ci sono fornaci infernali di inimmaginabile potenza in essere. Ci sono relitti di titanici scontri e caleidoscopiche nebulose che sono mondi ed astri in formazione.
Altre che sono solo ciò che resta di sfolgoranti stelle di grandezza impressionante. Ma nel cosmo possono anche esserci silenziosi testimoni di qualcosa che un tempo fu vitale, magari brulicante di vita, testimoni che andrebbero lasciati così, forse, se non fossimo destinati al progresso della conoscenza.
Forse, se gli portassimo un po' più di rispetto, Marte sarebbe più generoso con noi. Forse dovremmo cominciare a non considerarlo solo un grande sasso portatore di sassi in un moto cosmico ormai senza senso. So che molti uomini, sulla Terra, diciamo pure la maggioranza, scienziati in prima fila, lo vedono in tutt'altro modo e mettono le loro risorse
intellettuali migliori a disposizione di una auspicata verità, ma sono ancora troppo pochi quelli che hanno il coraggio di ammetterlo apertamente. Forse anche questa è una questione di rispetto e di umiltà.
Quanti sono coloro che sono già convinti che Marte è solo un sasso morto? Quanti quelli che l'acqua non esiste né è mai esistita? Credo che siano ancora troppi e credo anche che, perdurando questa situazione, saremo ancora piuttosto sfortunati nonostante i più sofisticati marchingegni tecnologici a cui deputeremo l'esplorazione di un mondo che non
abbiamo ancora capito.
antoniobruno57@vodafone.it
www.edicolaweb.net
|