Non è nuova l'ipotesi di alcuni studiosi ed appassionati di ufologia, nonché di temi esobiologici con correlazioni a risvolti non proprio ortodossi, secondo la quale la Terra potrebbe essere una sorta di penitenziario cosmico.
Secondo questa teoria, noi saremmo i discendenti di una comunità indefinibile, dal punto di vista numerico, di soggetti poco desiderabili provenienti da un certo gruppo di civiltà cosmiche. Sempre seguendo la teoria suddetta, le varie razze della Terra sarebbero, appunto, espressioni di antiche, differenti matrici aliene accomunate solo dalla loro "reprobità".
Se dovessimo appoggiarci ad argomentazioni solamente etiche o filosofiche anziché a validi supporti scientifici, direi che basta considerare la storia dell'Homo Sapiens-Sapiens dagli antipodi ad oggi per farci sorgere qualche lecito e, direi, preoccupato dubbio che la teoria di cui sopra possa avere qualche fondamento.
Consideriamo, ad esempio, l'ipotesi di scrivere un racconto di fantascienza in cui una confederazione di popoli galattici superiori è costretta a "relegare" su un pianeta alcuni soggetti "irrecuperabili" valutando che, proprio in virtù della maggiore evoluzione morale di quella confederazione, i nostri concetti di
"punizione" e di "prigione" sarebbero del tutto superati ed obsoleti. A questo punto, non mi sembra malvagia l'idea di inventare un pianeta-prigione da affidare a questi soggetti per vedere cosa fanno e se riescono a riscattarsi e privandoli, per il momento, della necessaria conoscenza per disturbare i più evoluti abitanti
dell'Universo.
Sempre seguendo l'onda ipotetica che scaturisce da queste speculazioni, mi sembrerebbe altrettanto logico venire a "dare un'occhiata", di tanto in tanto, per vedere come stanno le cose. Forse, il "direttore della prigione" ed il suo staff non desiderano che questa venga distrutta, non fosse altro che per non essere costretti a trovarne
un'altra e ricominciare tutto da capo...!
Ma tornando all'ipotesi di dover scrivere un racconto di fantascienza con queste premesse, personalmente strutturerei, per i discendenti degli originari "reprobi" confinati sul pianeta-prigione, un percorso storico-evolutivo, con le sue svariate implicazioni etiche, morali e filosofiche, nient'affatto differente da quello che, in effetti, si è
svolto sulla Terra. Ossia, immaginerei (e la cosa mi sembrerebbe piuttosto logica anche da un punto di vista puramente genetico) che da progenitori grezzi, o ricaduti in una barbarie in cui sopravvivono e si ridefiniscono solamente il senso aggressivo della sopravvivenza e gli istinti più primitivi, discendano artefici di una storia plurimillenaria.
Storia fatta di guerre, di stragi, di conflitti, di inganni, di frenetiche e confuse ricerche di un Dio; ricerche che incarnano, come si può, ricordi ancestrali di "Intelligenze Matrici Superiori" sopiti nei recessi della memoria della specie.
In altre parole, scriverei proprio quello che è successo all'Homo Sapiens-Sapiens del pianeta Terra.
Insomma, se volessimo solamente abbandonarci alla speculazione, rischieremmo di scoprire che ci troviamo di fronte ad una specie di matrioska che nasconde, l'una dentro l'altra, varie "bamboline" di logiche consequenzialità.
Ma un aspetto che mi sembra degno di attenzione è la sopra accennata presenza, in tutte le epoche, di questa sorta di "sorveglianti": se ci pensiamo obiettivamente, non possiamo negare che il comportamento rilevato finora degli occupanti degli UFO nei nostri confronti ha tutti i tratti di procedure di controllo o, al limite, di sfruttamento, di
questo "pianeta-penitenziario" e dei suoi inquilini.
Che cosa facciamo noi nei confronti degli animali di allevamento? Facciamo prolificare alcune specie nelle cosiddette riserve e, di tanto in tanto, andiamo a studiarle, a filmarle, a fare rilevazioni e, addirittura... a marcarle per poterle riconoscere! Se per qualche motivo individuiamo animali malati o che presentano problemi ritenuti irreversibili o/e
pericolosi, non possiamo che abbatterli; se, invece, ci serve il loro materiale genetico o qualche altra parte del loro corpo, dalle ghiandole al sangue, dalle secrezioni sessuali agli apparati cervicali, preleviamo i soggetti prescelti e... procediamo alle asportazioni per i nostri esperimenti. E ancora: se dobbiamo effettuare degli esperimenti per
valutare la capacità di accettazione della nostra presenza come uomini - ovvero come specie non conosciuta, temuta e dotata di intelligenza diversa con peculiarità uniche (come, per noi, il libero arbitrio, il concetto di bene e di male, ecc...) - non cerchiamo forse di "comunicare" con gli animali prescelti attraverso il loro linguaggio
istintivo, i loro parametri etologici? Non cerchiamo, come stratagemma prioritario, di "non spaventare" i soggetti evitando loro traumi troppo forti e, all'occorrenza, travestendoci un po' come individui della loro specie?
Pensate a Konrad Lorenz ed alle sue papere: cos'altro faceva, nuotando travestito da papera negli stagni, se non cercare di comunicare con quei pennuti attraverso una graduale opera di integrazione che permettesse agli animali di "fidarsi" attraverso, sì, un sostanziale inganno, ma anche un processo di lento, progressivo contatto che potesse
permettere imprecisabili sviluppi positivi?
Colui che scrisse: "Tutti gli animali domestici sono veri e propri schiavi, solo il cane è un amico" (Konrad Lorenz, "L'anello di Re Salomone"), non potrebbe suggerirci, forse, il rapporto fra gli ipotetici "progenitori sapienti" e noi e la fauna terrestre laddove noi, però, non credo che saremmo identificati nei cani...?
Potrei, a questo punto, parlare delle possibili implicazioni ufologiche di molte presunte "apparizioni" mistiche che si sono verificate in tutti i tempi ma credo di aver innestato il meccanismo della speculazione a sufficienza: se aggiungessi dell'altro, potremmo confonderci più ancora di quanto, probabilmente, già siamo. Del resto, se abbiamo
un cervello ed una mente raziocinante (bontà di chi ci ha permesso di svilupparli...), non penso ci sia modo migliore per illuderci di scoprire da soli, indipendentemente, i nostri destini e le nostre origini.
Un augurio, infine, mi sorge spontaneo per questi ominidi tutti che siamo sul pianeta Terra: che "loro", se ci sono e ci hanno davvero posti qui nella speranza di una catarsi redentiva finale, ci consentano, almeno, di riscattarci, di costruirci da soli il nostro universo per poter, un giorno, tornare a bussare alla loro porta. In una parola, se
spesso, la nostra scienza ci costringe a considerare tristemente veritiere le parole di Hermann von Keyserling ("Lo scienziato è l'uomo superficiale per eccellenza. Il più delle volte è anzi essenzialmente ottuso"), "loro", perlomeno, ci consentano di diventare veri uomini...
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