(Cronaca arbitraria di una sacerdotessa di Iside)
Pochi giorni prima…
Non devo perdere tempo! Per prima cosa, dopo aver scelto lo zainetto da usare in viaggio (opto per quello nero ultraleggero), metto immediatamente nella sua tasca interna la bussola: se me la dimenticassi a casa non me lo perdonerei mai! Mi servirà di nuovo nella cosiddetta “Camera del Re”, all’interno della cosiddetta “Piramide di Cheope”! Spero anche di riuscire nuovamente a distendermi nel cosiddetto “sarcofago” (il termine “cosiddetto”, è giusto per far capire fin da subito come la penso al riguardo)!
In un virtuale tentativo di essere già a Giza (e di aver già incontrato Robert Bauval e Adriano Forgiane), con pochi gesti sicuri recupero le videocassette e i DVD acquistati o spesso registrati io stessa dal televisore di casa… (incollata davanti per ore con il telecomando in mano - talvolta fino a notte - in occasione di programmi, documentari, interviste e talk-show i cui protagonisti conoscerò finalmente “de visu”… le voglio assolutamente rivedere prima di partire!). La mia videoteca è targettizzata: e gli argomenti sono l’Egitto, il cosmo, l’esoterismo!
E a questo proposito la prima che mi voglio rivedere è “La via di Horus”, delle Edizioni Hera… impedibile! A seguire “I cerchi nel grano”, sempre di Hera, e poi quella del programma televisivo “Misteri” dove Robert Bauval quasi litiga in diretta con un tipo pieno di prosopopea… che definirei a dir poco “CICAPpino” (il quale, dopo aver asserito che “le stelle non si muovono”, esibendo in diretta la sua beata ignoranza circa la dinamica celeste, il moto apparente delle stelle e la precessione degli equinozi, fu stoppato da una provvidenziale pubblicità!) E nella cui trasmissione Zahi Hawass fu colto da un attacco di bile con conseguente serie di improperi e bestemmie (che fortunatamente in Italia hanno capito solo gli extracomunitari di lingua araba) per dimostrare la sua grande apertura mentale.
Devo immagazzinare quanti più input possibile…
Domani andrò a fare shopping di fermenti lattici, farmaci vari da portare per precauzione, e repellente per gli insetti… poi devo “riesumare” dal magazzino le solite valige rosse della Sansonite che devono resistere eroicamente anche stavolta al carico di abiti e scarpe che non indosserò mai e ai souvenirs pesantissimi da riportare in Italia. E tirar fuori del baule un cappello per il sole, un costume da bagno e naturalmente gli indumenti estivi da portare via… mamma mia, tra meno di una settimana si parte e ho ancora così tante cose da fare! Non so da che parte cominciare…
E allora… mi accendo un incenso al fiore di loto, accendo una candela rosa davanti a Iside alata e mi rilasso in poltrona davanti a uno dei miei documentari preferiti, e nel frattempo mi riguardo anche le meravigliose fotografie di Paolo Renier del libro “Abydos, origini riflesse” comprato alla conferenza sul tempio di Seti I tenuta a Mestre.
Fin dalla dedica inaspettata dell’autore, che rileggo con gratitudine: “Che Osiride ti accompagni”, il mio rito sta cominciando a funzionare… e mentre inalo e assorbo fino all’anima la fragranza liberata dal sottile fumo, la mia mente vaga lontano e senza bisogno di biglietti aerei e di prenotazioni, è già arrivata in Egitto…
Come sempre, una serie di emozioni fortissime, un misto di gioia e di tristezza… ma stavolta è diverso, stavolta sono consapevole di tornare a CASA!!!!!!! Dopo l’iniziazione nella piramide rivissuta tre anni fa, ho cominciato lentamente a ricordare… Seimila anni fa, non potendo far nulla per impedire gli eventi, scelsi di morire per rinascere in questa vita come diretta conseguenza di quella (ce ne sono state molte altre, ma sono tutte servite al percorso spirituale che mi doveva condurre a questa).
Ero una sacerdotessa di Iside, e avevo visto lo splendore e ora… stavo finalmente tornando alla terra nera di Kemet!!!!! La Grande Madre mi stava aspettando!
Col “gran turismo” della Guest Tour passiamo davanti alle case popolari e abusive della periferia, alla “città dei morti”, ai palazzi grandiosi del centro, ai fatiscenti mezzi di trasporto pubblico, ai taxi sgangherati, ai somari (che si contendono la carreggiata con le auto) e ai carretti con merci e persone. Il tutto così sui generis e diverso dai nostri modelli… in un caos totale che qui viene considerato traffico, dove le auto sorpassano sia a destra che a sinistra, senza apparenti limiti di velocità, e senza che si vedano semafori o strisce pedonali… per ogni necessità c’è sempre il clacson! Benché ovunque campeggi una massiccia presenza di polizia (armata di fucile).
Come per i mezzi di trasporto, anche per l’abbigliamento la moda in Egitto non esiste: ovvero è sempre la stessa da secoli; le donne - nelle lunghe vesti generalmente nere e con il capo sempre coperto da un velo o da un grande foulard - sembrano delle suore e nascondono tutto, risolvendo in tal modo ogni problema legato alla linea (le estetiste e le parrucchiere qui morirebbero di fame) mentre gli uomini indossano camicioni lunghi fino a terra, tutti pressoché uguali. E a quanto pare gli egiziani non soffrono il caldo, dato che non si vede in giro nessuno con le maniche corte.
Apparentemente, la gente si accontenta di poco (e non si affanna come da noi). In Egitto il ritmo della vita appare rallentato, e il tempo qui sembra scorrere senza fretta… Si respira una certa aria di libertà!
Levataccia!!!!
Alla prima conferenza di Adriano Forgiane, vero istrione del tour insieme al fratello Paolo, abbiamo conosciuto mr. Mohamed Nazmy, presidente della Guest Tour, il più prestigioso tour operator egiziano. Abbiamo avuto la possibilità di esprimere “un desiderio” a mr. Mohamed... Io, che non me lo sono fatta ripetere due volte, ho chiesto di poter entrare nella piramide a gradoni di Saqqara chiusa da settant’anni “ufficialmente” per restauri. E lui, dopo aver chiamato al cellulare qualcuno (che poi abbiamo saputo essere Zahi Awass), ci ha dato l’OK!!!! Domattina sveglia alle quattro perché bisogna andarci prima dell’apertura del sito, e prima ancora del programma stabilito, già molto fitto. Gasp!
Prima tappa: Saqqara!
In questo antico cimitero, che diventò necropoli egizia per faraoni e dignitari di molte dinastie, l’impatto attuale per il turista è il seguente:
→ in primo piano in mezzo alla sabbia desertica appaiono maestosamente la piramide a gradoni di Zoser (quella dell’architetto Imhotep) e i resti della cinta muraria dell’enorme complesso funerario che la contiene, il tutto vigilato da molta polizia armata di fucile;
→ in secondo piano, completano la scena altre piramidi più piccole e meno belle (quella di Unas sembra addirittura “franata”!) e una serie di tombe-mastaba, il tutto con altra polizia… si cammina faticosamente lungo una strada ricavata tra un’infinità di montagnole di terreno sabbioso, argilloso e sassoso, dove si vedono in gran quantità cammelli e asini, e dove i beduini offrono ai più pigri un passaggio sul loro quadrupede per la “tariffa” di un euro.
Questo terreno calcareo… sembra fatto di briciole di piramide! Arrancando tra ciottoli e sabbia, arriviamo all’entrata della piramide di Zoser. Mentre Adriano apre il lucchetto arrugginito, la guida egiziana Fausi confessa che nemmeno lui c’era mai entrato, e che l’aveva solo studiata all’università. E mentre lui spiega al gruppo che questa è stata la prima piramide, io dico sommessamente a mio nipote Mattia che non è vero per niente, e gli fornisco la mia versione… quella che ho descritto ampliamente nel mio libro (che lui deve ancora leggere).
Prima di risalire in pullman veniamo letteralmente presi d’assalto da flotte di persone: assillanti venditori di souvenir, ragazzini petulanti che ci domandano penne biro (!), molti altri che insistentemente chiedono un euro (per farci una foto, per farsi fotografare con noi, per una foto sopra o anche solo vicino al cammello – che poi è un dromedario – qualunque pretesto è valido e perfino il poliziotto col fucile si offre di farsi fotografare con noi… la tariffa è sempre la stessa: un euro!).
In realtà ci abituiamo molto presto a questa situazione, visto che viene continuamente ripetuta a ogni occasione possibile. E ci abituiamo anche al consueto “teatrino” per contrattare i prezzi. In questo caso bisogna stare attenti anche al cambio, perché nella fretta, per noi, è molto facile fare un po’ di confusione, e loro lo sanno bene (così, dopo aver finalmente concluso “l’affare” discutendo in euro, ti fregano quando chiedi di pagare in £. egiziane… che avevi cambiato prima in albergo per non farti fregare).
La piramide a gradoni è considerata la tomba del faraone Zoser, anzi Djoser… e curiosamente, più a sud, c’è anche la cosiddetta tomba meridionale: una seconda tomba il cui scopo non sembra essere ancora chiaro… un cenotafio come quello di Abydos, o forse una strategia diplomatica per rappresentare il faraone come re del basso e dell’alto Egitto?
Personalmente trovo affascinante e intrigante tutto il complesso: l’architetto lo ha voluto interpretare come una grande scenografia teatrale impostata su un cortile circoscritto in un immenso recinto rettangolare, orientato nord-sud, in un’area di circa 15 ettari… all’interno del quale si trovano la piramide a gradoni (al centro), la tomba meridionale, la corte del Giubileo (per le cerimonie Heb Sed), il Tempio funerario; ciascuno con i propri edifici, le proprie infrastrutture e i propri annessi. Vi si trovavano anche i locali per eseguire le imbalsamazioni. Il sottosuolo è pieno di cunicoli: come in un vero labirinto, ci sono infiniti corridoi e ben 400 (proprio quattrocento!) camere.
Chissà come mai non ne parla nessuno… sarà forse perché in alcune sono stati trovati 40.000 vasi identici a quelli rinvenuti da William Flinders Petrie nel villaggio di Naqada e dei quali neppure il famoso egittologo inglese seppe mai dare spiegazioni. Si tratta di vasi in alabastro definiti “a collo di cigno”, per via dei colli così sottili e lunghi dove non passerebbe un dito; l’ingegnere Christopher Dunn, dopo averli esaminati, dichiarò che per la loro esecuzione erano stati usati strumenti… a ultrasuoni. Aggiungo che su alcuni di questi vasi apparivano dei cartigli di un re-horus! Sfido che non se ne parla. Bisognerebbe ammettere che gli shemsu-hor sono esistiti, e che all’inizio – lo Zep Tepi – era già futuro! Con questo sito sono cominciati i misteri...
Il Tempio a forma di T ha un aspetto molto spartano, oserei dire in puro stile “atlantideo”, con grandi pietre calcaree delle mura che ricordano quelle di Cuzco e di Macchu Picchu: da “eretica” le daterei 10.500 a.C.
Dopo averlo oltrepassato, improvvisamente lo stile è diverso, con bellissime colonne a forma di canne di papiro o di giunco legate insieme, altre culminanti con fiori di loto aperte o raffiguranti piante e alberi, porte finte chiuse, accostate o aperte, stuoie arrotolate… evocazioni scenografiche dove è evidente l’intenzione di trasformare in eterno tutto ciò che, invece, è finto - dovendo anche essere usato dal ka del faraone dopo la morte: quanta straordinaria bellezza quando tutto era perfettamente stuccato e dipinto …
Oggi come allora in Egitto i colori predominanti sono due: il marrone (sabbia, terra, mattoni), e il verde (palme e campi coltivati).
Dalla strada si vedono i contadini al lavoro, aiutati dai buoi per arare e dai somari per trasportare merci e persone. I campi sono visibilmente ben irrigati dalle acque del Nilo, che arrivano attraverso una rete di mille canali sfruttati fin da tempi immemorabili… mentre decine e decine di ibis bianchi (Thot) posati sul terreno fangoso, beccano i vermi (gli stessi uccelli e gli stessi buoi con l’aratro degli affreschi di molte tombe: solo che i contadini erano a torso nudo, e indossavano solo un gonnellino di lino bianco.
In paese si svolgono varie attività: gli ortolani siedono per terra con i cesti di verdura da vendere, o la vendono direttamente sul carretto attaccato all'asino.
Anche i macellai esercitano la loro attività “all’aperto”, esponendo in bella vista un quarto di animale (non ce n’è mai più d’uno!), che penzola sanguinante da un gancio appeso alla porta… per la felicità delle mosche. E taglia i pezzi di carne su di un tavolaccio, come se fosse dietro al banco della macelleria. Solo che non c’è il banco. E neanche la macelleria.
Sarà forse per via del clima, ma quasi tutte le attività si svolgono all’esterno. Il pane viene preparato e cotto in strada su piccoli e rudimentali forni di argilla, quindi venduto ai passanti (istintivamente mi accorgo di pensare che il fuoco sterilizza tutti i microbi). Comunque, questo è proprio il vero pane arabo, ed è ottimo! Mentre sto fotografando, un venditore di bibite mi invita a fumare hashish col narghillé… incredibile!
Dopo un tragitto a dir poco avventuroso a bordo di dodici fuoristrada, alle sette del mattino del secondo giorno abbiamo raggiunto l’area di Dashur, da poco riaperta. La piramide rossa, che non avevo mai visto prima, è stata quasi una “cordata”! Ad un certo punto della salita (o della discesa, ho le idee alquanto confuse al riguardo) ho creduto di svenire dalla fatica! Ma ne valeva la pena, infatti, dopo averne visto l’interno, i dubbi che avevo sono divenuti certezze: non fu Snefru, il padre di Cheope, a costruirla… c’era già e si limitò a usarla! Come fecero i suoi successori più tardi osando di più, scegliendo quelle dell’area sacra di Menfi, oggi Giza. Anche le piramidi di Dashur hanno le loro correlazioni in cielo, e ora so che anche di queste scriverò nel prossimo libro. Il cielo egizio è proprio un grande codice cosmico.
Il lussuoso ristorante dove abbiamo pranzato oggi è proprio nel mezzo del mercato di Khan el Khalili al Cairo: deve il suo nome a Nagib Mahfuz (premio Nobel per la letteratura di cui ho letto un paio di libri) ed è una tappa obbligatoria per intellettuali e non. Ma a me, per onor del vero, interessa di più il mercato!
Giza
Posso dire di aver visto il sorgere del sole tra le zampe della sfinge, mentre la pioggia cadeva sulla Piana di Giza! Un fatto del genere non può essere casuale!
Il plateau è vicinissimo all’Hotel Meridien e ci arriviamo in dieci minuti. Le tre famose piramidi sono in mezzo alla sabbia, ma disposte su piani diversi, così in un primo momento quella di Chefren sembra la più alta, essendo costruita sopra una collina più alta rispetto a quella di Cheope, che è invece la maggiore. E il gigantesco leone antidiluviano, che custodisce e nasconde molte delle rivelazioni atlantidee, sfida impassibile la “moderna” scienza oscurantista che gli attribuisce un’identità umana! Lo stesso Napoleone, essendo massone e avendo conosciuto il conte di Cagliostro, era stato iniziato a molte verità che lo indussero al suo viaggio in Egitto; tuttavia i tempi non erano ancora maturi e la tecnologia del XVIII secolo non era ancora all’altezza dei costruttori delle piramidi (!)… e così, dopo aver voluto passare una notte all’interno della “Camera del re” da solo, il mattino seguente riferì molto turbato: “Se raccontassi quanto mi è accaduto stanotte, nessuno mi crederebbe!” e forse fu per questo che i suoi soldati vollero distruggere il naso della Sfinge a fucilate, per toglierle il soffio vitale alla maniera egizia…
Ho provato gioia e dolore insieme: gioia quando Robert Bauval ha spiegato le correlazioni astronomiche che hanno fatto dell’Egitto “lo specchio del cielo”; il dolore è stato causato dall'infelice connubio tra la sabbia e il cemento.
Quando siamo entrati nella Grande Piramide, non credevo che saremmo scesi anche nella grotta sotterranea! La grotta del Caos! Un’esperienza da togliere il fiato. Poi su per i cunicoli e le gallerie fino ad arrivare alla “cosiddetta” Camera del Re, ovvero proprio all’interno del pilastro Djed. Con l’anello provo a dare un colpetto al bordo del “sarcofago”… che emette un suono incredibile! Sembra un diapason! Qui c’è effettivamente un’acustica straordinaria, e le nostre voci hanno un effetto molto amplificato; lo abbiamo potuto testare recitando una serie di OM dentro al sarcofago di granito. Io ero già entrata nel sarcofago tre anni fa, ed ero sola nella stanza. Sapevo che non avrei potuto ripetere la stessa esperienza iniziatica, dal momento che stavolta non ero sola, e forse sapevo anche che mi aspettavano altre prove.
Le sensazioni che si provano nel sarcofago, ma anche negli angoli della camera o seduti per terra, sono di un grande rilassamento seguito da una forte carica energetica simile ad adrenalina. Varie forme di energia convergono nella piramide, e gli antichi costruttori lo sapevano bene. E sapevano che le forze psichiche e le conoscenze esoteriche possono sposare le energie della terra e degli elementi, aumentandone gli effetti con risultati che noi oggi non siamo ancora in grado di capire. Secondo Christopher Dunn la piramide è un accumulatore di energia elettromagnetica, il cui interno è stato concepito per ottenere l’idrogeno sotto forma di gas (come portatore di energia elettrica), attraverso particolari risonanze, particolari lunghezze d’onda… Lo Djed serviva anche a questo, ecco perché si trova all’interno della piramide!
Al ritorno, dopo aver ridisceso la Grande Galleria, siamo passati vicino all’ingresso “sbarrato” del corridoio orizzontale che conduce alla “Camera della Regina”, dove si trova il famoso cunicolo (cm.20x20) aperto tre anni fa in diretta mondiale TV (!?), con esito alquanto deludente. In questa camera, infatti, ci sono due condotti simili agli altri due di quella “del Re”, ma questa volta sono orientati verso punti del cielo diversi; inoltre, mentre gli altri sbucano all’esterno, questi non conducono - almeno apparentemente - da nessuna parte. Personalmente io non credo affatto che la diretta televisiva ci abbia mostrato la verità. E comunque non penso proprio che ci abbiano fatto assistere alla “diretta” vera! Lo speciale piccolo robot Upuaut III, munito di telecamera e trapano, dopo aver perforato la “porta” chiusa, ne ha trovata un’altra… chiusa anche questa. E tra le due un piccolo ambiente rivelatosi completamente vuoto all’ispezione. Probabilmente la tanto attesa diretta non è stata altro che un modo per accrescere l’attenzione del mondo su importanti (futuri) rilevamenti, sui quali le TV saranno disposte, come hanno già fatto, a pagare profumatamente per avere l’esclusiva. Il dubbio è diventato una certezza, quando mi sono resa conto che l’ingresso alla Camera della Regina è ancora interdetto e chiuso bene a chiave!
La discesa è rapidissima, anche troppo. Alla fine appare la luce del giorno, purtroppo. L’uscita, i saluti ai guardiani, gli ultimi gradini, ma questa volta verso la strada… dove riprende a piovere. E mentre alcuni si lamentano del tempo e della fatica, io interpreto gli eventi come un’iniziazione: fuoco (il caos), aria (il vento), terra (la piramide stessa) e l’acqua (la pioggia come vero battesimo dell’acqua). Grazie, Grande Madre, per questa giornata!
Se, come credo fermamente, tutto il sito era un calendario cosmico lasciato da chi viveva 10.500 (o magari addirittura 40.000) anni fa in Egitto, era scritto nell’unico linguaggio per il quale non servono traduzioni: l’astronomia e la matematica. Egitto = specchio del cielo? Certo! Ecco la formula algebrica: VL:N=3PG:CO... e cioè: Via Lattea sta al fiume Nilo, come Piana di Giza e tre Piramidi stanno alla Cintura di Orione nel momento in cui siamo nell’era del Leone (Sfinge)…
Come dire: “Noi in quell’epoca eravamo qua”. Il Leone immobile guarda se stesso sorgere a Est. E vede anche sorgere Sirio.
Dopo queste due ultime giornate credo di aver perso la cognizione del tempo e così non ricordo più la cronologia delle moltissime visite private (alle quali vanno sommate quelle extra che ci siamo concessi) Museo del Cairo, Piana di Giza, Saqqara, Dashur, Città Vecchia, mercato di Khan el Khalili… sembrerebbe che i ricordi avessero formato un tutt’uno. E il collante è un misto di storia e di immagini subliminali, di gioia e di nostalgia. Questo è un viaggio davvero speciale, ai limiti dell’imponderabile e del mistico. I gradini delle piramidi sono diventati un percorso nella conoscenza, e la fatica è il prezzo per l’iniziato; la cosa importante è vivere questa esperienza consapevolmente, e non subirla! Benvenuti quindi i dolori alla schiena e alle cosce guadagnati nella Piramide Rossa e in quelle di Cheope e di Chefren! Queste tre piramidi hanno lasciato i segni e stamattina a tutti quanti, esclusi la signora Annemarie e Mattia, fanno male le gambe da morire.
La città vecchia
Nella “Città Vecchia” del Cairo, arriviamo a piedi fino alla Chiesa di San Sergio, dove si comincia a respirare la presenza della cultura cristiana. Questa chiesa, per esempio, è anche luogo di pellegrinaggi, in quanto al suo interno c’è la cripta dove si rifugiò per un certo periodo la “Sacra Famiglia”, durante la fuga in Egitto.
Vicino a questa chiesa c’è il Museo Copto, che pare sia stato edificato sopra la fortezza di Babilonia; e appena usciti dal museo ci si trova davanti alla cosiddetta “Chiesa sospesa”, che deve il suo nome al fatto di essere rialzata rispetto la strada; si entra dopo aver salito una lunga scalinata, in quanto questa chiesa fu a sua volta costruita proprio sopra una delle porte dell’antica fortezza. Purtroppo è in restauro e non possiamo entrare: peccato!
Ancora poche centinaia di metri e arriviamo alla sinagoga di Ben Ezra, la più antica d’Egitto. Ci stupiamo alquanto di vedere le guardie all’ingresso… ma come? Anche qua! La leggenda narra che questa importante sinagoga sia stata costruita su di un’altra molto precedente: qui anticamente avrebbe pregato persino Mosè. Pare infatti che in questa zona ci fosse fin dall’antichità un’importante comunità ebraica: proprio la stessa che offrì protezione alla Sacra Famiglia. Adriano Forgiane ci fa notare un particolare inquietante: in una rappresentazione dell’Ultima Cena, alla destra di Gesù è seduto un apostolo senza barba, osservando bene se ne vede anche un altro.
Dettaglio intrigante, se consideriamo che era costume del tempo, per gli uomini, portare la barba. Forse alcuni seguaci di Gesù erano donne? In questo caso chi era alla Sua destra? Se non era Giovanni, allora… chi era Giovanni?
Il Museo del Cairo
In distanza, prima di arrivare a destinazione, il Museo sembra una costruzione alquanto bassa, essendo immersa tra i grattacieli del centro. Lo si vede immediatamente, anche per via dello stravagante color rosa salmone con il quale è stato ridipinto recentemente. Invece l’ edificio è grandioso. Composto da un centinaio di stanze articolate su due piani, è protetto da una recinzione e da un vastissimo cortile. Subito intuiamo l’incredibile quantità di reperti contenuti all’interno, visto che già nel cortile ce ne sono così tanti e belli che solo quelli potrebbero essere considerati una mostra all’aperto. Abbiamo la fortuna di goderci il museo in libertà, con una visita privata (naturalmente abbiamo dovuto attendere l’orario di chiusura, prima di entrare, altrimenti questo non sarebbe stato possibile).
All’interno trattengo il respiro per la maestosità del luogo. Migliaia di oggetti, molti dei quali di dimensioni gigantesche, appaiono all’improvviso alla vista dei visitatori: lo spettacolo lascia senza parole.
In fondo all’atrio il colossale gruppo scultoreo alto più di sette metri e dal peso di tonnellate – raffigurante Amenhotep III e la regina Tiye (i genitori di Akhenaton l'eretico)- ci fa pensare che essi siano i padroni di casa. Benevolmente sorridenti, accolgono gli ospiti e appare subito evidente che al piano terra sono stati collocati i pezzi più pesanti dell’esposizione: statue, sfingi, stele, capitelli, altari, false porte, affreschi, vasi, perfino un tavolo di granito usato per le imbalsamazioni.
Al primo piano, tra le migliaia di cose meravigliose esposte, sono conservate anche molte mummie (tra cui anche quella famosissima di Ramses II) e sarcofagi, oltre agli oggetti provenienti dalla tomba di Tutankhamon, considerata a ragione la più grande scoperta archeologica del secolo scorso. Ci vorrebbe almeno una settimana per visitare il museo! È impossibile parlare dell’esposizione: è qualcosa di impressionante.
Ci sono oltre 150.000 reperti archeologici e sembra ce ne siano altri 30.000 nei magazzini…
Ognuno degli oggetti racconta la sua storia. Ogni statua sembra un’immagine vivente sul punto di muoversi e di parlare. Gli scribi fissano i visitatori trasmettendo la consapevolezza della cultura. Le donne passano un braccio attorno alle spalle dei mariti in atteggiamento esplicito di solido legame familiare. I figli sono rappresentati in miniatura ai piedi dei genitori: sono volutamente di piccole dimensioni, in segno di rispetto verso chi li ha generati; allo stesso tempo i genitori, volendoli ai loro piedi, esprimono così ai figli il loro affetto. Affreschi meravigliosi sembrano dipinti ieri; mentre alcuni ritraggono elementi di vita quotidiana, altri propongono scene tratte direttamente dalla natura: uccelli, pesci e animali. Sul fiume o sulle paludi, in mezzo a giunchi, tra le piante di papiro e sui fiori di loto. Tutte queste immagini meravigliose sembrano un grande documentario e noi ci siamo finiti dentro senza saperlo! Oggi abbiamo la fotografia, ma anche in un tempo così antico moltissimi uomini e donne desiderarono immortalare il loro aspetto fisico e la loro vita, così si affidarono ai “fotografi” del tempo: in questo modo hanno davvero raggiunto il loro obiettivo di vivere in eterno.
Posso solo dire che alcuni pezzi del museo mi ritornano in mente più spesso di altri, e due in particolare:
E che dire dello scriba dai verdi occhi penetranti che sembra usare la telepatia con chi lo osserva? E di tutti quegli ushabti? Per non parlare dei vasi canopi. E di tutti i gioielli… le collane, gli anelli, gli orecchini! Gli amuleti! E come si potrebbe commentare la biblioteca, ovvero i papiri: racconti, preghiere, formule magiche, poesie d’amore?
Nel ritorno, sfioro con le mani il “tavolo” in basalto usato per le imbalsamazioni: il piano, verso il centro, è leggermente obliquo e convergente verso il punto dove c’e un foro: l’idea del corpo ricoperto di sale, mi fa rabbrividire… chissà quante volte è stato usato!
Il mercato di Khan el Khalili
È fantastico. Semplicemente elettrizzante. Specialmente per chi ama i mercatini come me, credo che questo sia l’apoteosi del gusto di fare shopping… centinaia di negozietti, bancarelle, laboratori artigianali dove si trova di tutto. E quando dico “di tutto” intendo proprio “di tutto”. L’aria è intensamente profumata di spezie, di incenso e di profumi…
Le merci in vendita vanno dagli scarabei agli argenti, dai papiri agli oggetti in oro e alle pietre preziose… naturalmente ci sono anche vetri, tappeti, gallebiyya, magliette e tovaglie; alcuni vendono maxi mandarini quasi verdi che oramai conosciamo bene e che sono ottimi, altri espongono nei sacchi i più svariati tipi di spezie, dallo zafferano al sesamo, quest’ultimo molto apprezzato in Egitto. Le pipe ad acqua, ovvero i famosi narghillé, sono una vera istituzione e si possono acquistare ovunque e in tutte le misure… e si possono anche provare: cioè si può fumare… “qualunque” cosa, non solo tabacco!
Ci sono stradine estremamente strette brulicanti di persone e di merci: un vero labirinto… come un grande unico bazar, dove è davvero difficile riconoscere dove finisce un negozio e ne comincia un altro! I venditori, come di consueto, si trovano all’esterno dei loro negozi, e così invitano i passanti a entrare per vedere la mercanzia esposta all’interno. Sembra che ci leggano in faccia la nazionalità, perché si rivolgono a ognuno nella giusta lingua, anzi usando tipici modi nostri di dire e divertendoci con il loro garbato e simpatico “ruffianismo” nell’adulare per convincere a entrare… mentre tra di loro parlano in arabo, facendo venire sempre il dubbio che parlino di noi!
Qui acquistare assume quasi l’aspetto del rito: prima c’è l’offerta di fermarsi a guardare, poi c’è il prezzo… e a questo punto, ha inizio la discussione per ottenere l’oggetto per molto meno. Inizia una vera “sceneggiata”. La contrattazione deve esser lunga per essere divertente. All’inizio il venditore elencherà tutte le qualità dell’oggetto e alla fine dichiarerà che lo abbiamo rovinato, ma cederà sul prezzo. Il turista “bravo e tenace” se ne andrà soddisfatto per il buon affare fatto.
Dal prezzo iniziale è possibile scendere fino a una cifra infinitamente più bassa, ma in fondo non sapremo mai se avremmo potuto pagare ancora meno. Gli egiziani, comunque, sono persone oneste. Una volta raggiunto l’accordo, si può stare tranquilli: nel pacchetto c’è davvero l’oggetto acquistato, e non “un mattone”, come qualche volta succede da qualche altra parte del mondo…
Come dicevo, la vendita deve esser divertente. Alla fine, il cliente se ne va soddisfatto per l’affare, mentre il venditore sa di essere stato ancora più bravo e furbo… e così entrambi sono felici.
In albergo l’ufficio cambio è chiuso; volevamo convertire un po’ di euro in valuta locale, ma l’impiegato è andato a pregare… lo si intravedeva mentre, scalzo, stava nella classica posizione con la fronte che tocca terra.
Nel susseguirsi degli avvenimenti da quando abbiamo lasciato il Cairo, non ho avuto nemmeno il tempo di annotare i soliti appunti… ma credo di poter riassumere brevemente, perché è tutto ancora prepotentemente inciso nella mia memoria: i ripetuti ed esasperanti controlli agli aeroporti, i controlli dei documenti – che oramai saranno consumati a furia di essere controllati - e infine la tanto attesa nave da crociera. Dopo pochi metri dalla fermata del pullman, passando per un cancello di ferro situato sul parapetto del lungofiume, abbiamo dovuto scendere una cinquantina di gradini per raggiungere il basso e quindi la riva del Nilo dove era ormeggiata la Sonesta Sun Goddess.
La nave non si vedeva subito, perché per salirne a bordo, abbiamo dovuto passare attraverso altre due. Sul Nilo navigano circa quattrocento (!) battelli come il nostro, e siccome tutti devono fermarsi più o meno presso gli stessi punti della riva, il primo che trova lo spazio libero vi si attracca, salvo poi lasciare entrambe le grandi porte di vetro laterali aperte, per permettere il passaggio dei turisti da un’imbarcazione all’altra, passandone talvolta due, come nel nostro caso, o anche tre prima di giungere alla propria destinazione.
Come al Cairo, anche qui la gola viene messa a dura prova, e così ho deciso di fregarmene delle diete e dei buoni propositi, che potrò tranquillamente riprendere al ritorno in Italia; e credo proprio che questo sia il pensiero comune di tutti, visto come è stato preso d’assalto il buffet! E così mi preparo dei piatti incredibili, ricolmi come avessi patito la fame per anni, con pesce fritto, carne arrosto, pollo al curry, melanzane in agrodolce, piselli trifolati, carote a vapore, formaggio di capra, zucchine fritte, budino al cioccolato e torta alle mandorle… tutto insieme. Nel ritornare al mio posto, vergognandomi abbastanza, controllo con la coda dell’occhio i piatti degli altri (non meno esagerati dei miei), mentre fingo la massima indifferenza nel sedermi al tavolo, sotto lo sguardo inorridito e divertito di Mattia, che mi fa puntualmente notare che faccio un po’ schifo…
Devo dire, a mia discolpa, che da quando siamo in Egitto bevo esclusivamente acqua minerale, e con il fatto che siamo sempre in giro tutto il giorno, ho eliminato i “fuori pasto”, gli aperitivi, ecc. Inoltre, non vorrei offendere i bravissimi cuochi di bordo. E infine, voglio assaggiare la cucina locale, perché non so quando avrò la possibilità di tornare in questa nazione meravigliosa, quindi bisogna farlo assolutamente ora!
Nei cinque giorni di navigazione sul Nilo le visite sono state più riposanti, tenuto conto dei giorni al Cairo. Abbiamo visitato luoghi fantastici di giorno, come i templi di Tebe e di Karnak (oggi Luxor), la Valle dei Re, il tempio della regina Hatshepsut, quello di Abydos e l’Osyreion… e altri di notte (o comunque col buio) come il tempio di Dendera, il tempio di Edfu e l’Isola di Philae.
Abbiamo pranzato sul ponte della nave, ci siamo riposati e abbronzati al sole, abbiamo potuto passare momenti molto intensi con i nostri leader, benché il “nostro” Robert Bauval non fosse in perfetta forma a causa di un’emicrania così forte che gli impediva spesso di dormire. La vita di crociera è un’esperienza da fare, anche perché vivere a stretto contatto serve a creare amicizie destinate a durare!
Tornando alle escursioni, cinque sono state per me quelle indimenticabili:
L’isola di Philae
Un battello a motore ci sta conducendo fino all’isola. È praticamente notte fonda, e mentre siamo in navigazione notiamo che questo tratto del Nilo è pieno di isolette rocciose, alcune delle quali sembrano quasi degli iceberg di granito: questo è il luogo delle famose cave di Asswan, da dove venivano trasportati i massi utilizzati per edificare i maggiori templi egiziani. Sembra che il granito proveniente da questa zona sia particolarmente ricco di quarzo, e per questo sia molto ricercato… anche oggi.
Sto assistendo a una visione da sogno. Il tempio e il sole si specchiano sulle acque del Nilo, producendo un effetto speciale: sembra che le due immagini siano tutt’uno… fino al momento in cui le infrangiamo con la prua della barca, eliminando ogni traccia di questa magia, di cui rimangono solo alcuni frammenti nelle piccole onde vicino alla riva.
Il luogo è bellissimo, anche se porta molte cicatrici lasciate dal tempo e dagli invasori. Anche qui, come del resto abbiamo notato spesso anche altrove, alcune immagini delle divinità sono state cancellate per adibire un tempio a chiesa paleocristiana… peccato davvero!
Sull’isola ci sono vari edifici, che compongono il complesso di Philae, ed esattamente:
→ il tempio della dea Iside
→ il tempio della dea Hathor
→ il tempio di Imhotep (qui è venerato come Esculapio)
→ il tempio di Nectanebo
→ il tempio di Arensnuphis
→ il tempio di Harendotes
→ il chiosco di Traiano
→ il nilometro
Dal pontile dove scendiamo, il primo tempio che incontriamo è quello di Nectanebo, dal nome del faraone della XXX dinastia che l’ha fatto costruire. Ci sono molte colonne dedicate alla dea con orecchie di mucca! Infatti ogni capitello culmina con la testa di Hathor, dea dell’amore! Da qui ci siamo diretti al tempio di Iside, che è a pochi passi. Tra pochissimo potrò di nuovo celebrare il rito! Dalla colazione mi sono portata una confezione di miele, una bottiglietta di latte, e lungo la strada ho raccolto alcuni fiori di buganvillea da offrire alla dea… in borsa ho i bigliettini da infilare negli anfratti del tempio.
Davanti al primo pilone del tempio ci sono due statue di leoni, una per parte, a proteggere l’ingresso: quello di sinistra ha il muso completamente distrutto. E a questo proposito, anche le immagini delle divinità poste sul lato sinistro del pilone sono state “cancellate” da qualcuno che molti secoli fa ha inteso – in tal modo - dissacrare il tempio dalla sua antica essenza: infatti gli antichi attribuivano un valore sacro alla pietra dei templi, i quali avevano un lato destro e uno sinistro, come le persone. Affinché venisse annullata la sacralità di un luogo di culto, quindi, non serviva cancellare tutte le immagini sacre, ma solo quelle di sinistra – la parte del cuore del tempio. Anche la casa degli dei, dunque, aveva un cuore. Grazie a questa credenza antica, che ha rispettato tutta la parte destra del pilone, possiamo ancora ammirare le immagini di Iside e del dio Horus, suo figlio, dalla testa di falco.
Oltre l’ingresso, prima del secondo pilone, c’è un cortile con una serie di colonne sul lato destro, mentre a sinistra c’è il mammisi, e al suo interno molte scene del matrimonio della dea e della nascita del figlio. Dopo il secondo pilone, vediamo quel che resta della sala ipostila, e cioè – più che altro - le colonne. Che qui, insolitamente per le abitudini dell’arte egizia, sono una diversa dall’altra. Si notano anche lungo alcune pareti molte croci e iscrizioni con caratteri greci, che fanno ben intuire come questa sala fosse stata convertita in chiesa dalle comunità paleocristiane che si insediarono più tardi in questo luogo di pace. In fondo al tempio, come sempre, c’è il santuario – vuoto - che serviva per i riti speciali dedicati alla dea.
I templi egizi sono sempre costruiti secondo un preciso piano architettonico: il 1° pilone, un cortile (Fauzi direbbe “il vasto cortile”), il 2° pilone, la sala ipostila, il sacrario. In linea retta, uno dopo l’altro. E attraverso i piloni, la luce del sole arrivava direttamente fino in fondo, passando attraverso gli spazi concepiti per questo fine, dove il fascio di luce concentrava il suo raggio come un riflettore a teatro. Gli stucchi e le pitture di ogni colonna, ogni parete, ogni dettaglio, creavano anticamente un effetto mistico che oggi è scomparso.
Dopo le spiegazioni di Fauzi, ci siamo concentrati nel Sancta Sanctorum per la spiegazione esoterica dei fratelli Forgione. Infatti, come ogni volta, viene data anche la versione “sottile” del tempio, delle raffigurazioni, del luogo. E proprio in questo luogo, dove mi sono arrivati numerosi “flash back”, ho pronunciato l’invocazione alla Grande Madre attendendo il momento propizio dopo che tutti fossero usciti. Si tratta di una preghiera scritta e pubblicata da Ada Pavan Russo, una persona straordinaria che non ho conosciuto per caso….
Oh Regina del Cielo,
Oh Benedetta Iside,
Oh Madre Celeste!
Tu che in ogni tempo
sei salvatrice dell’umana specie;
tu che nella tua grande generosità
porgi aiuto ai mortali;
tu, la cui bocca, Madre,
sa pronunciare gli incantesimi “EKHAU”;
nutrimi, abbi cura di me e confortami;
aiutami a ritrovare le parti disperse
della mia personalità spirituale,
come hai cercato e ritrovato
le pari disperse del tuo Sposo Divino.
Sorreggimi nelle avversità,
proteggimi col tuo amore benevolo,
guidami verso la luce.
Tutto il creato ti venera e ti invoca
Dopo l’invocazione, dopo aver infilato negli anfratti del tempio alcuni bigliettini di richieste e di raccomandazioni, Elda e io ci siamo dirette verso la riva del Nilo per completare il rito, gettando nel fiume del miele, del latte e dei fiori. La dea ha gradito questa inaspettata offerta, e ha inviato Thot per farcelo capire! Infatti un ibis, apparso dal nulla, è rimasto presso il luogo dell’offerta fino alla nostra partenza. Poco prima, subito dopo l’invocazione, un altro uccello era sbucato improvvisamente da un mensolone del tempio, mettendosi a volare…
Ci sarebbero molte altre cose da scrivere su questo straordinario viaggio, ma ho scelto quelle che per me sono state fondamentali, anche se questo ha significato tralasciarne molte anch’esse bellissime, perché altrimenti questo articolo rischiava di diventare un libro. E per la verità sarebbe stato giusto dedicare un articolo ad ogni sito e ad ogni tempio.
Adriano Forgiane è stato un compagno di viaggio fantastico, e altrettanto suo fratello Paolo! Un grazie esagerato per quanto avete detto e fatto!
Un ringraziamento particolare al grande Robert Bauval che ha saputo spiegare con grande semplicità la meccanica celeste e come questa sia onnipresente in Egitto. Grazie, Robert, per essere stato con noi anche quando non stavi bene e averci fatto sentire “di famiglia”!
Al “chairman” della Guest Tour, il mitico Mohamed Nazmy, grazie mille per aver voluto esaudire il mio desiderio di entrare nella piramide di Saqqara. Grazie anche per le molte sorprese che ci ha riservato ogni volta che gli è stato possibile. E per avermi fatto usare il suo PC…
E infine un pensiero speciale va al “nostro” Fauzi, che ci ha spiegato in perfetto italiano, la storia egiziana “canonica”; lui e Adriano sono stati complementari, come lo sono le energie ynn e yang.
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