Nell'estate del 1974 finisce il
regime dei colonnelli. In Grecia torna la democrazia. Spyridon Marinatos,
l'archeologo di Atlantide, resta senza protettori. A Santorini lo
abbandonano tutti, anche gli operai che lavorano con lui agli scavi fin
dal 1966. Finisce l'avventura per la quale ha sacrificato tutto, anche
l'onore. All'improvviso, l'uomo che per otto anni ha ricevuto soldi e
onori, si trova in un cono d'ombra dal quale non uscirà più. E svanisce
anche il sogno di quanti, e nel mondo erano tantissimi, speravano che
prima o poi fosse riportato alla luce il favoloso continente perduto.
Dopo il suo assassinio cala il silenzio. Né una lapide e nemmeno un
cartellino sulla sua tomba. Ma che cosa può essere successo? Perché
venne assassinato? Chi lo uccise? Quale la causa della ferrea rimozione
a tutti i livelli, fino alla scomparsa del suo cadavere?
A tutti questi interrogativi, dopo lunghi studi e
attente confutazioni dei fatti, risponde Mario La Ferla, con scoperte e
rivelazioni a prova di bomba. Un mistero archeologico, ricco di colpi di
scena. Intenso ed emozionante, che scioglie molti interrogativi e che ci
lascia lo spazio per riflettere.
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L'AUTORE |
Mario La Ferla è stato per ventisette anni inviato
del settimanale "L'Espresso". Nel corso della sua attività si è occupato
di mafia e politica, intrighi economici e scandali finanziari, morti
eccellenti e di complotti internazionali. Ha scritto inchieste
sull'ascesa e la fine di Michele Sindona, sulla discussa ricostruzione
del Belice, sugli omicidi mafiosi in Sicilia e negli Stati Uniti, sulla
vicenda di 'ndrangheta e acciaio di Gioia Tauro, fino alle indagini su
Tangentopoli. Per "Stampa Alternativa" ha pubblicato nel 2002 "Vado,
l'affondo e torno", i misteri Italiani della nave svedese che affondò
l'"Andrea Doria". |
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RECENSIONE ESTRATTA DAL "CORRIERE DELLA SERA" |
"La Ferla: Spyridon Marinatos, una vita in giallo. I
segreti dell'uomo di Atlantide". Una montagna di ergastoli ha
definitivamente chiuso la tragica avventura terroristica del "17
novembre", il gruppo greco di estrema sinistra più pericoloso d'Europa,
smantellato l'anno scorso dopo venticinque delitti eccellenti e oltre un
quarto di secolo di assoluta impunità.
Il processo ha chiuso la vicenda ma non ha svelato i misteri che si
affollano sulla formazione eversiva e che si intrecciano nel labirinto
di complicità e vendette che hanno accompagnato e seguito il colpo di
Stato dei colonnelli di Atene, nel 1976. I misteri del "17 novembre"
potrebbero infatti raccordarsi, e forse spiegare, la tragica fine del
celebre archeologo Spyridon Marinatos che portò alla luce, nell'isola di
Santorini, le meraviglie del continente perduto, che Platone riteneva
trattarsi di Atlantide. Protetto dai colonnelli, che finanziarono e
sfruttarono le ricerche di Marinatos per esaltare il nazionalismo greco,
l'archeologo fu vittima di uno strano incidente. Morì dopo una caduta
nel sito archeologico di Santorini e il suo corpo fu occultato. Uno
studioso appassionato, Mario La Ferla, per ventisette anni inviato dell'
"Espresso", ne ha ricostruito la vita e i retroscena nel libro "L'uomo
di Atlantide", che ha le caratteristiche di un intrigante e suggestivo
giallo
internazionale".
Antonio Ferrari |
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Alcuni brani scelti:
Pagina 5
L'imbroglio di via Telchines
Il primo ottobre 1974, nel sito preistorico di Akrotiri,
nell'isola di Santorini, moriva in circostanze tragiche e misteriose
l'archeologo greco Spyridon Marinatos. Famoso e ammirato in tutto il mondo,
aveva avuto una carriera ricca di successi e onori, era ossequiato dai
politici, dalle istituzioni culturali e dalla chiesa.
Nella città minoica, riportata alla luce dopo 3600 anni,
Marinatos si trovava nella via Telchines, l'arteria principale di Akrotiri.
Era solo, abbandonato dai collaboratori e dagli operai che avevano lavorato
con lui dall'estate del 1967.
Quell'anno l'archeologo aveva iniziato gli scavi,
convinto di intraprendere un'impresa grandiosa. Fin dagli anni Trenta si era
convertito, sulla base della lettura dei Dialoghi di Platone, all'idea che
Santorini fisse la mitica Atlantide.
Da allora dedicò le sue energie alla ricerca del
continente perduto, sacrificando affetti familiari, vecchie amicizie,
successi accademici, perdendo infine anche l'onore.
Con le sue teorie, Marinatos fece tremare un angolo del
pacifico mondo dell'archeologia classica, dominato non soltanto da studi e
amore per la ricerca, ma anche da pressioni ideologiche e da forti interessi
economici.
Quando la morte lo colse, i colonnelli, che avevano preso
il potere in Grecia con il colpo di Stato del 21 aprile 1967, erano caduti
da poco meno di tre mesi. Nel luglio del 1974, il ritorno trionfale ad Atene
del vecchio leader Konstantinos Karamanlìs aveva riportato la democrazia nel
paese.
Marinatos si era schierato dalla parte dei colonnelli fin
dall'inizio solo per calcolo, senza entusiasmi di parte, nella speranza di
poter lavorare con maggiore impegno al suo ambizioso progetto di Atlantide,
con le sovvenzioni che i suoi amici di Atene gli avrebbero concesso. In
particolare, si mostrò amico di Georgios Papadopoulos, il più spietato del
triunvirato militare.
Rimasto a Santorini dopo il tramonto della dittatura,
Marinatos continuò a scavare ad Akrotiri, in attesa di una epurazione da
parte del nuovo governo democratico. Il primo ottobre, arrivò invece la
fine. Tragica, perché causata probabilmente da una ferita alla testa.
Misteriosa, perché nessuna autorità ha spiegato le cause della morte.
Il corpo di Marinatos fu deposto, senza funerale o altre
cerimonie, nella stanza numero 16 del palazzo Delta, sulla via Telchines,
dove stava lavorando. Venne alzato un muro di cemento e da allora di
Spyridon Marinatos si sono perse le tracce. È stato oscurato.
La congiura dell'oblio ha fatto sì che della sua vita
discussa e della sua morte oscura non si parlasse più. Le autorità politiche
e accademiche, i media, il mondo intero dell'archeologia che tanto lo aveva
osannato o criticato, lo hanno dimenticato.
Dopo 28 anni dalla morte abbiamo scoperto che il corpo di
Marinatos è stato trafugato dalla stanza numero 16 del palazzo Delta. Dove è
stato trasferito? Nessuno vuole rispondere. È un rebus intrigante, un
"giallo" cupo e ammaliante. Dietro alla morte di Marinatos, alla sua
frettolosa sepoltura e alla risolutezza con cui l'hanno scaraventato nel
regno del silenzio, e adesso dietro alla scomparsa del suo corpo, si
nasconde qualcosa di inquietante: un ricordo imbarazzante, un episodio
oscuro, oppure una decisione infelice, un atteggiamento impopolare o anche
un passato scabroso, una vita in chiaroscuro. Senza dubbio, un segreto
inconfessabile. Brutta la sua storia. Popolata di folli sognatori di isole
scomparse e poi riapparse, di filosofi e scienziati legati a sette segrete
che sostennero la nascita di dottrine che avrebbero buttato all'aria il
mondo, di golpisti, spie, mafiosi, banchieri spregiudicati, politici
corrotti e giudici compiacenti, cardinali avventurosi, ladri, terroristi,
assassini di mestiere. Il silenzio ufficiale è comprensibile.
Ma le circostanze della morte violenta di Marinatos, le
sue amicizie politiche, i misteriosi e imbarazzanti retroscena dietro al
golpe dei colonnelli che coinvolse servizi segreti americani, picciotti di
Cosa nostra e perfino la banca del Vaticano, e poi le teorie "allarmanti" su
Platone, Atlantide e le società occulte che in Germania portarono alla
nascita del partito nazionalsocialista, il rancore della gente di Santorini
che conobbe la sofferenza dell'invasione tedesca e che non ha mai superato
lo steccato del risentimento, infine l'attività sanguinaria del gruppo
terroristico "11 Novembre": gli interessi legati alla presidenza greca
dell'Unione europea nel primo semestre del 2003 e soprattutto alle Olimpiadi
di Atene del 2004, insomma questo grande e composito scenario rompe la
congiura del silenzio su uno degli episodi più torbidi della storia
contemporanea greca e dell'intera storia dell'archeologia.
La tattica dell'oblio è stata annullata di colpo
nell'estate del 2002, dopo lo smantellamento di "11 Novembre". Il gruppo
aveva esordito sulla scena del terrorismo nel 1974, subito dopo la caduta
dei colonnelli. Molti indizi, che emergono dal processo iniziato il 4 marzo
scorso, fanno risalire il battesimo del fuoco all'autunno di quello stesso
anno. Forse su un'isola, dove, tutto solo, c'era un "nemico del popolo" da
giustiziare.
Può essere questa la chiave di lettura del "giallo" della
morte di Marinatos. Però gli scenari della sua fine non escludono altre
ipotesi, altrettanto spietate e inquietanti.
Questo libro tenta di ricostruire, con lo stile
dell'inchiesta giornalistica, la vita e la morte dell'archeologo rispettato
e discusso prima, completamente dimenticato dopo. Svelando i retroscena che
coinvolgono i partiti politici e i governi greci degli ultimi 28 anni, i
terroristi che hanno impunemente insanguinato il Paese per un periodo
lunghissimo, gli apparati dello Stato, servizi segreti in testa, che hanno
lavorato per la più assoluta disinformazione, e anche le istituzioni
culturali, in particolare le Scuole di archeologia internazionali che hanno
scelto la via del silenzio.
Per ricostruire il quadro completo della vita e della
morte di Spyridon Marinatos, è stato necessario penetrare negli archivi
blindati, frugare nelle redazioni di giornali greci, inglesi e americani,
rileggere montagne di documenti ufficiali destinati alla polvere.
Soprattutto sono stati affrontati altri problemi, molto più insidiosi: le
ipocrisie di chi ha sempre saputo e ancora tace, gli ostacoli creati da
quelli che hanno voluto il silenzio per la "ragion di Stato", o per un
frainteso senso dell'onore, per imporre la legge dell'omertà in nome della
convenienza.
Pagina 9
Il morto non c'è più
Maria Callas cantava "Habanerà".
Sui tavoli erano già serviti i cocktail champagne.
Il brusio dei turisti si andava attenuando per sfumare in
un silenzio quasi riverente.
Sulla terrazza di Franco's Bar stava per andare in scena
il quotidiano cerimoniale del tramonto. Da lassù in cima alla caldera, quasi
a sfidare la vertigine, la caduta del sole nel mare più bello di Grecia
attrae e commuove.
Era il momento culminante di una giornata trascorsa sulle
spiagge nere di lava di Kamari, Monolithos, Perissa, Perivolos, o al vento
fresco che taglia Messa Vounò, l'altopiano dove sette civiltà hanno lasciato
i loro resti imponenti. Ovunque fossero andati durante la giornata, al
tramonto si ritrovavano lassù, affacciati sull'orlo dell'abisso, seduti ai
tavoli dei caffè di Firà e di Oia. Lo spettacolo dura una ventina di minuti;
si conclude con gli applausi di gente convinta di avere assistito a un rito
magico.
Pagina 54
Dalla parte di Papadopoulos
Quando i colonnelli fecero l'appello, Marinatos rispose "presente!".
Dopo il fallimento del controgolpe tentato da re
Costantino il 13 dicembre 1967, la giunta militare decise di imprimere un
energico giro di vite. Scrive Richard Clogg: "Gli impiegati statali, gli
insegnanti delle scuole e delle università la cui adesione al regime fosse
dubbia, vennero dimessi, mentre agli altri fu richiesto di dimostrare la
lealtà alla giunta per non rischiare di perdere il lavoro. Avvocati e
giudici che mostravano troppa indipendenza furono minacciati e sollevati dal
loro incarico. Le riforme di Georgios Papandreu nel campo dell'istruzione
furono sistematicamente smantellate, i testi delle scuole vennero riscritti
e l'accesso all'università fu subordinato al superamento di un esame
politico".
Papadopoulos e i suoi compagni d'avventura avevano
bisogno di consensi in un panorama interno e internazionale che diventava
ogni giorno più ostile. Cercavano il consenso soprattutto presso personaggi
autorevoli e ammirati nel campo della cultura e dello spettacolo.
L'intellighenzia di Atene e di Salonicco si era defilata. Il mondo
universitario, professori e studenti, si era ribellato al regime. Le insidie
più minacciose per il triunvirato arrivavano proprio da lì. Alèxandros
Panagulis, dopo un anno di manifestazioni di piazza, capì che il regime
militare non sarebbe caduto tanto facilmente, né in tempi rapidi. Decise di
passare all'azione e il 13 agosto 1968, insieme con un commando di amici,
attentò alla vita di Papadopoulos mentre il colonnello rientrava ad Atene
dalla sua casa al mare.
Papadopoulos ne uscì indenne, ma l'attentato ebbe un
effetto clamoroso. La polizia politica era convinta di avere neutralizzato
l'opposizione dopo gli arresti in massa dei mesi precedenti, ma gli studenti
erano rimasti una spina nel fianco del regime. Nelle università preparavano
i piani di rivolta per rovesciare il regime, così come nel 1963 erano
riusciti a far cadere il governo con le loro proteste per l'omicidio del
giovane comunista Gregori Lambrakis ad opera della polizia.
Dalla parte dei colonnelli erano rimasti alcuni giuristi
che aiutarono la giunta militare a preparare il referendum che avrebbe
dovuto ratificare la creazione di una "Repubblica presidenziale
parlamentare" proclamata da Papadopoulos. Tutti gli altri, intellettuali,
artisti, scrittori e poeti, registi e attori, si eclissarono. Se decidevano
di continuare a lavorare, almeno lo facevano con molta discrezione.
Spyridon Marinatos stava dalla parte dei colonnelli e ci
stava con clamore, sotto la luce dei riflettori, e l'ambizioso Papadopoulos
lo esibiva come un fiore all'occhiello.
Dopo avere eliminato la presenza ingombrante di Mavor,
Marinatos tornò a scavare da solo nella primavera del 1968. Era così immerso
nelle ricerche che non si rendeva conto del baratro in cui stava
precipitando. Georgios Papadopoulos gli aveva promesso nuovi fondi per la
sua attività a Santorini, lo promosse di grado conferendogli nuovi incarichi
al posto di altri archeologi sollevati dal lavoro. In cambio gli chiedeva di
dimostrare pubblicamente la sua simpatia e tutta l'amicizia possibile alla
giunta militare.
A Santorini era arrivato per compiere una missione, di
questo l'archeologo era convinto. Scoprire Atlantide sotto i quaranta metri
di polvere lavica veniva prima di ogni cosa: della famiglia, degli amici,
degli ideali. Ricorda a questo proposito Nanno Marinatos: "Da quando iniziò
gli scavi, mio padre entrò in un vero e proprio stato di esaltazione. Era
stato lo scavo più eccitante della sua vita: forse il più entusiasmante
della vita di un archeologo da quando Howard Carter era entrato nella tomba
di Tutankhamon".
Anche Charles Pellegrino offre la sua calda testimonianza
sul momento di autentica 'follia' vissuto da Marinatos: "La realtà dello
scavo nella leggenda di Atlantide era sconvolgente. Atlantide non era
soltanto interessante: era la materia prima della fantascienza. Alcuni
guardavano ad Atlantide per scoprire che cosa aveva ucciso i dinosauri,
altri per ritrovarvi segnali di vita intelligente nel cosmo. Marinatos non
aveva molta scelta. In gioco c'era molto più della sua immagine".
Altri, in Atlantide, avevano cercato soprattutto il
paradiso perduto. Da Platone a Francesco Bacone, da Jules Verne a sir Arthur
Conan Doyle, da Edgar Cayce a Charles Berlitz e a Ignatius Donnelly. Perfino
Indiana Jones aveva un'opinione in merito. Molti scrittori ne hanno tratto
ispirazione. Pierre Benoit pubblicò nella Francia degli anni Venti il famoso
romanzo L'Atlantide dal quale fu tratto un altrettanto famoso film di
Georg Wilhelm Pabst, con Brigitte Helm nella parte della regina Antinea.
Nel 1948, Atlantide sbarcò a Hollywood. Nel dopoguerra il
mito suscitò nuovi entusiasmi, suggestionando romanzieri, intellettuali,
scienziati, esploratori, sensitivi, che sulle loro ricerche hanno pubblicato
un numero impressionante di libri. In Atlantis: Fact or Finction?
Edwin Ramage, professore di Studi classici all'Università dell'Indiana, dice
che è difficile sapere quanti libri siano stati scritti sull'argomento, da
Platone ai nostri giorni. Un numero ragionevole sembra essere tremila, anche
se ci sono stime che parlano di diecimila. In una pubblicità del 1992 per il
libro di Eberhard Zangger Flood from Heaven, si parla addirittura di
ventimila volumi. Richard Ellis tenta di spiegare i motivi di questo
successo: "Il mito di Atlantide è giunto fino a noi rivelandosi uno fra i
più durevoli dell'antichità. Pur non facendo parte di alcuna cosmografia
religiosa, questa storia si è tramandata per migliaia di anni senza il
beneficio di un clero impegnato in un'attività di proselitismo. La storia di
Atlantide è così forte da essersi conservata soltanto grazie ai suoi meriti;
essa è stata infatti tramandata per due millenni e mezzo quasi
esclusivamente per tradizione orale, ed è ben viva ancora oggi, in un'epoca
caratterizzata da meraviglie tecnologiche".
Lo scrittore Arthur C. Clarke, autore con il regista
Stanley Kubrick del soggetto di 2001, Odissea nello spazio, anche lui
convinto che la terra distrutta dal vulcano fosse l'antica Santorini, ha
scritto nella prefazione del libro di Pellegrino: "Atlantide! Nelle lingue
del mondo occidentale non esiste nome che evochi un maggior senso di
meraviglia, di mistero e di irreparabile perdita".
Pagina 80
L'ansia del Vaticano, le pressioni della Cia, le minacce
di Cosa nostra e dei suoi banchieri di fiducia rappresentavano per Georgios
Papadopoulos un macigno grosso come una montagna. I personaggi che lo
avevano aiutato a prendere il potere erano disposti a tutto pur di rimanere
nell'ombra. Se una parola, una sola fosse stata fatta, il primo a farne le
spese sarebbe stato proprio lui.
L'ex colonnello doveva agire al più presto, per evitare
che i particolari scomodi della storia diventassero di dominio pubblico.
Papadopoulos aveva mantenuto la mente lucida dopo la sua defenestrazione;
anche un anno dopo la fine del regime, non aveva perso il controllo della
situazione. Aveva esaminato, nome per nome, l'elenco dei testimoni che
sarebbero stati chiamati dai giudici a deporre contro i golpisti. Letto e
riletto l'elenco, dovette ammettere in modo definitivo che c'era un solo
testimone scomodo: Spyridon Marinatos.
Soltanto il vecchio archeologo conosceva quei retroscena
e Papadopoulos era convinto che avrebbe parlato: perché gli avevano negato
il sogno di cercare ancora Atlantide, lo avevano cacciato da Santorini; era
un uomo solo, deluso e affranto, ma anche capace di grandi risentimenti. Non
aveva più nulla da perdere; avrebbe trovato finalmente un po' di sollievo
svelando i misteri che conosceva, vendicandosi di chi era stato la causa
delle sue frustrazioni.
Se così fosse accaduto, e Papadopoulos ne era sicuro, per
l'ex colonnello il futuro che già si annunciava nero, sarebbe diventato
livido. Marinatos era un bersaglio troppo facile per chiunque. Nessuno lo
proteggeva ad Akrotiri. Anche la gente del posto ormai lo evitava. Farlo
fuori sarebbe stato un gioco da ragazzi; Papadopoulos avrebbe dovuto farlo
al più presto, prima che il nuovo governo venisse eletto dalle consultazioni
elettorali del 17 novembre.
Una volta arrivato a Santorini, il killer poteva
tranquillamente entrare nel recinto degli scavi, avvicinandosi alla casa
Delta passando per la via Telchines. Avrebbe dovuto fare attenzione a non
farsi scorgere dai bambini che spesso giocavano nei pressi del sito. Una
volta individuato Marinatos che era in cima al muro del palazzo, bastava
spingerlo giù, farlo precipitare sul selciato di via Telchines. E se fosse
stato troppo azzardato avvicinarsi, per non compromettere l'operazione, il
killer avrebbe potuto sparare un colpo di pistola, mirando alla testa.
Chi avrebbe fatto caso al rumore? Chi si sarebbe preso la
briga di dare l'allarme? Soprattutto, chi avrebbe indagato su quella morte
violenta? Il mandante dell'omicidio aveva previsto tutto quello che sarebbe
successo dopo l'esecuzione: la scoperta del cadavere dopo qualche ora, quasi
per caso, la sepoltura frettolosa nel sito, poi il lungo silenzio.
La verità sul possibile scenario della morte di Spyridon
Marinatos arriverà in ritardo, ma finalmente arriverà. Soltanto il lavoro
scrupoloso e ostinato di Giorgio Ambrosoli, liquidatore delle banche di
Sindona, nel suo ufficio milanese all'ultimo piano della Privata
finanziaria, a due passi dalla Scala, riuscirà a smascherare il lato più
torbido e più clamoroso della corsa dei colonnelli alla conquista del
potere.
Pagina 92
Il secondo scenario della morte violenta e misteriosa
dell'archeologo greco si apre su un palcoscenico popolato di veggenti,
mitomani, occultisti riuniti in sette segrete, folli politici che volevano
conquistare il mondo evocando Atlantide. Siamo ai limiti della fantascienza
e della fantapolitica. In realtà tutto questo è accaduto. Spyridon Marinatos
faceva parte, volente o nolente, di quella consorteria. Certo non inneggiava
alla guerra o all'odio razziale, però aveva aderito con la sua attività e i
suoi scritti al movimento che da Thule portò in pochi anni all'invasione
della Russia. Di nemici se n'era fatti tanti, in ogni parte del mondo.
Soprattutto in quell'Europa che alla fine della guerra sembrava un immenso
campo di rovine. Potevano essere nemici politici, che volessero vendicarsi
per l'adesione da parte dell'archeologo al movimento occultista che aveva
dato origine al nazismo.
Indice
L'imbroglio di via Telchines 5
Il morto non c'è più 9
Il mistero della tomba vuota 16
Solo un mazzo di fiori rossi 22
Di sicuro c'è solo che è morto 30
Arrivano i colonnelli 37
L'amico americano 44
Dalla parte di Papadopoulos 54
La fine dell'avventura 60
Spie, padrini e monsignori 65
Da Platone a Hitler 83
Con von Braun, sotto il sole di Santorini 96
La resa dei conti 100
La prova del fuoco 105
Adantide, addio 117
Bibliografia 119