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Torino è davvero una città magica, ricca di mistero e
di forze occulte particolarmente intriganti? Senza dubbio il fascino e
l'incanto, legati a un qualcosa di irresistibile e di enigmatico, sono gli
"ingredienti" che caratterizzano e segnano il suo territorio, e lo
dipingono in modo tale da farlo apparire profondamente diverso dalle altre
località italiane.
Anche se Torino non è l'unica città della nostra penisola a essere
ammantata di mistero, ha però una marcia in più rispetto alle altre dovuta
a quel miscuglio così equilibrato, così speciale, così discreto di storia,
tradizioni, aneddoti e prodigi che si è venuto a creare nel corso dei
secoli.
Attingendo a testimonianze scritte e orali e alla conoscenza personale,
profonda della regione, Danilo Tacchino ripercorre i luoghi notoriamente
misteriosi del capoluogo piemontese e della provincia circostante,
restituendo con la sua esposizione quella seduzione che essi esercitano su
chiunque sia disposto a considerare possibile ciò che non è razionalmente
spiegabile. In questo viaggio nei misteri di Torino e dei suoi dintorni il
lettore incontrerà di tutto: leggende, spiritismo, miracoli, santi,
assassini, testimonianze templari, figure autorevoli e carismatiche,
massoneria, sette, angeli, demoni, extraterrestri.
Un'utile rassegna cronologica della storia magica di Torino completa,
assieme a una vastissima bibliografia e a un ricco corredo fotografico,
l'approfondito itinerario nelle vicende misteriose e insolite
dell'affascinante ex capitale sabauda.
Danilo Tacchino ha pubblicato cinque antologie di poesia, la
raccolta di racconti "Oltre la cortina" (2004), vari testi poetici su
riviste letterarie e siti web, nonché articoli di critica letteraria
orientati a coniugare la cultura tecnico-scientifica con quella
umanistica. È autore inoltre di tre saggi di natura para-scientifica:
"L'enigma degli oggetti volanti" (1997), "Antropologia
degli alieni" (1998), "Extraterrestrialismo come nuova frontiera:
saggio sull'extraterrestrialismo e la sociologia della globalizzazione"
(1998). E' autore anche del saggio "La
stele".
INTRODUZIONE:
Torino e la magia: un binomio che, da diversi
anni, sembra essere diventato indissolubile. Molti sono i testi, i pezzi
giornalistici e le trasmissioni televisive che hanno contribuito a
identificare questa città e il suo territorio con una parola di sette
lettere che attira immediatamente l'attenzione di tutti: MISTERO! Non solo
il capoluogo, in ogni modo, ma tutto il Piemonte ha da sempre il primato
di territorio "strano", dove sono avvenuti e avvengono fatti che esulano
dalla normalità. Ma è proprio vero che Torino è una città magica, ricca di
mistero e di forze occulte particolarmente intriganti?
A parte le eventuali "triadi" cittadine - bianche o nere che siano - e le
linee energetiche particolari che sembrano prediligere la città "taurinense",
vi è da dire che, ultimamente, stiamo assistendo al recupero di
peculiarità magiche anche per altre importanti città italiane, come
Milano, Napoli, Roma, tanto per fare degli esempi. Questa tendenza è
evidente specialmente in libreria, in cui troviamo testi che interpretano
le caratteristiche magiche di queste e di altre città con logiche
storiche, geografiche e turistiche sempre più nitide e presenti nel
contorno territoriale.
La questione fondamentale che allora dobbiamo chiarire è: che cosa
s'intende per "magia" del territorio? Che cosa fa divenire "magica" una
città?
Per "magia", secondo l'interpretazione canonica, riscontrabile in ogni
dizionario enciclopedico che si rispetti, s'intende: "l'arte o la scienza
occulta che suppone di trarre dalle forze naturali effetti straordinari
mediante tecniche misteriose e segrete, atte anche a dominare forze
sovrumane o demoniache, da cui ne fuoriesce un fascino irresistibile che
attrae e incanta" (De Mauro, "Il dizionario della lingua italiana").
Possiamo evincere quindi che il fascino e l'incantamento, infarcito da un
non so che di irresistibile e di misterioso, sono gli "ingredienti" che in
qualche modo caratterizzano, segnano un territorio, dipingendolo in modo
tale che contenga elementi particolari ed eccezionali rispetto ad altri
luoghi.
Nella realtà, e anche in virtù di studi effettuati in altre zone diverse
da quella torinese, noi troviamo una matrice comune, tra l'interpretazione
magica di un territorio e quella iconografica del mistero: il mistero
nelle leggende e nel mito, in fatti storici, intriganti, enigmatici e poco
chiari, il mistero nei monumenti e negli edifici più antichi, particolari
e originali del territorio; il mistero di personaggi, di uomini illustri e
poco noti.
Tutto questo merita una profonda attenzione e un approccio diverso a
seconda dei temi trattati.
Brani tratti dal libro:
Città sacra, diabolica, magica o,
semplicemente, "città":
Molteplici e differenti sono i volti e gli
aspetti che si sono sovrapposti e confusi, nel corso dei secoli, in questa
città. Anche ciò contribuisce alla sua originalità. Vi è l'aspetto romano
(antico e ricco di preziosi ritrovamenti archeologici), medievale (poco
noto e immediatamente riconoscibile), barocco (nella ricchezza dei suoi
palazzi) e risorgimentale (nel respiro lieve di monumenti che la
ricordano), e infine quello "industriale" (nella trasformazione urbana e
architettonica).
Nel territorio di Torino è insito il grado della sua "forza magnetica".
Questa avrebbe uno specifico significato, ben leggibile attraverso la
storia e la sua struttura urbanistica, trasformata attraverso le epoche
grazie a uomini che avevano il dono e il potere della conoscenza. Ciò è
accaduto sin dall'inizio dei tempi, dalla fondazione ai giorni nostri.
Francamente, la "metropoli" di oggi, per coloro che quotidianamente la
vivono, non sembra così diversa da una qualsiasi altra città italiana, e
questo è dovuto ai comportamenti assolutamente "normali" delle persone che
la abitano e a tutti gli altri elementi "comunissimi" che la compongono.
Non è possibile, quindi, notare con evidenza questa "magia", che dovrebbe
essere irradiata dai secoli e dall'esperienza. Gli esoteristi d'altra
parte ci insegnano che, nel suo significato più profondo, questa non è una
conoscenza accessibile a tutti.
Si possono però rintracciare gli elementi di questa interpretazione
"magica" in alcuni punti fondamentali, collegati alle leggende della
fondazione, all'approfondimento dell'analisi di questa presunta forza
energetica attraverso le cosiddette "linee sincroniche" e
all'interpretazione esoterica e magica dei monumenti e della struttura
urbana nella sua evoluzione temporale.
Una teoria, in particolare, dà un taglio scientifico a tutto ciò; è stata
formulata dall'architetto austriaco Miiller, il quale è convinto che,
collegando tra loro i vertici dei cinque più importanti edifici storici
che contornano la città si formerebbe una stella. Gli edifici sono la
"basilica di Superga" (che rappresenterebbe simbolicamente l'elemento
"terra") il "castello di Moncalieri", costruito su una roccaforte, antica
sede dei templari (rappresentante alchemicamente il simbolo del
"metallo"), la "palazzina di Stupinigi" (l'elemento "acqua"), il "castello
di Rivoli" (l'elemento "aria") e la "reggia di Venaria" (l'elemento
"fuoco"). Guarda caso, tutti e cinque gli edifici sono in qualche modo
collegati con la storia dei Savoia.
Il progetto sviluppato da Miiller ha previsto da ognuno dei cinque vertici
l'attivazione di un raggio laser. I cinque raggi, incontrandosi nel cielo,
disegnerebbero una stella a cinque punte che ingloberebbe l'intera area
cittadina torinese. La costruzione della forma a stella - forte simbolo
esoterico - sarebbe da interpretarsi come la chiave per una nuova cultura,
in cui l'essere umano è in contatto con la parte spirituale.
Torino d'altra parte è sempre stata fautrice di novità e di capacità
inventive (a lei sempre sottratte, privandola così della sua valenza
culturale e univoca...), la prima a lanciare idee forti e innovative nel
panorama italiano (per lasciarsele puntualmente portare via da altri
territori e da altre aree urbane): è stata infatti la capitale della moda,
del cinema, del cioccolato, dell'automobile. Nonostante tali avversità e
sfortune, è sempre riuscita a re-inventarsi, a superare ogni crisi
d'identità. Sicuramente, anche questa è magia!
Dalla notte dei tempi
Le indagini archeologiche indicano la presenza
su questo territorio di antiche tribù autoctone, forse di stirpe ligure e
tirrenica, che ebbero avvisaglie di imbastardimento della razza prima
attraverso i contatti con gli Etruschi di Settentrione, e successivamente
per via delle invasioni di popolazioni celtiche e galliche provenienti
dall'Ovest europeo, scese dalle Alpi nel VI-IV secolo a.C., con le quali
si formò una nuova stirpe.
Alcuni secoli dopo, e precisamente nel 218 a.C., questa parte delle Alpi
fu testimone del primo episodio che trasforma la leggenda in storia: la
discesa dell'esercito cartaginese, comandato da Annibale Barca, per dar
battaglia alla potenza di Roma. Era l'inizio della seconda guerra punica.
Non vi sono per l'area torinese informazioni e ritrovamenti di reperti o
documenti espliciti che chiarifichino le modalità in cui il territorio è
stato colonizzato in maniera sistematica e assoggettato dall'uomo prima
dell'evento della discesa di Annibale. Esistono solamente alcuni casi
isolati (non particolarmente significativi e che ci allontanano dal nostro
tema collegato alla fondazione di Torino), come il ritrovamento
dell'insediamento delle Maddalene, ritenuto abitato sin dal Neolitico, nel
territorio di Ramats vicino a Chiomonte, paese dell'alta Valle di Susa.
Sempre sul filo della leggenda, il racconto delle origini di Torino ci
spiega come quel piccolo villaggio, nel corso dei secoli, cambiò nome. Dal
primo appellativo di origine mitologica ("Eridania", in onore del principe
egizio "Eridano"), passiamo a quello della nascita storica, "Taurasia", un
nome etimologicamente controverso. Secondo una spiegazione più
leggendaria, certo più affascinante, nel luogo si sarebbe adotto il toro,
la qual cosa naturalmente rimanderebbe al simbolismo "taurino" egizio,
portato appunto dal principe Eridano. Ma altre interpretazioni, legate a
un'analisi senz'altro più storica e archeologica, vedono nella parola "Taurunum",
che significa "città del popolo dei Taurini", il vero appellativo dato a
questo villaggio dell'Età del ferro. Questa convinzione nasce anche dal
fatto che esiste, con prove certe, una città antica chiamata "Taurasia",
in territorio sannitico, nell'entroterra dell'attuale Campania, in cui
effettivamente si adorava il dio Toro. Altro appellativo legato alla
popolazione del territorio torinese è quello, forse il più usato, di "Taurisci",
che ultimamente però sta perdendo credito in quanto creerebbe
etimologicamente confusione per la presenza di altre tribù, nell'area
dell'Italia orientale però, denominate alla stessa maniera.
Ma l'etimologia ci offre ancora una sorpresa, questa volta ricorrendo alla
lingua degli antichi Liguri. "Taur" significherebbe, infatti "montagna", e
quindi le parole con questa radice potrebbero essere collegate ai monti,
come per esempio "gli abitatori delle montagne", oppure "la città vicino
ai monti".
Da Eridania a Taurasia (o Taurunum), comunque, passano oltre mille anni.
Si dice inoltre che, dove fu fondata Taurasia, vi scorresse Eridano, il
padre di tutti i fiumi della pianura padana, dal quale è nata la vita.
Probabilmente il percorso del fiume, in tempi remoti, aveva un tragitto
più tortuoso ed essendo acquitrinoso si espandeva in maniera più ampia.
Nel frattempo Taurasia cresce e la nuova cultura ligure e celtica (che
definiremo "celto-ligure"), intrisa della druidica magia legata alla
natura e al suo volere, prende piede.
Nel centro del villaggio si custodiva il segreto della magia dei druidi, i
sacerdoti della cultura celtica acquisita dall'autoctona popolazione
taurina. Questa zona centrale era il cuore magico e religioso del
territorio taurinense, dove i druidi sintetizzavano tutto un patrimonio di
conoscenze e di microculture e celebravano le solennità stagionali. Le
differenti tribù taurine lasciavano fuori le armi da questo luogo sacro,
un posto in cui si propiziavano gli dei per il buon raccolto e per la
caccia.
l! tempo, intanto, passava e le tribù si trasformarono in stanziali. In
questo punto iniziale doveva sorgere un luogo sacro, senz'altro di roccia,
il centro del raccoglimento druidico, oggi identificabile nelle "grotte
alchemiche", nascoste sotto piazza Castello.
Trascorsero così altri quattro secoli, prima di giungere al nome di "Julia
Augusta Taurinorum", in pieno periodo romano. L'antica Torino cambiò
notevolmente: da città sacra caratterizzata dalla magia druidica (legata e
vincolata alla potenza del luogo e alla natura) si trasformò in
accampamento armato romano (i cui la formidabile cultura di Roma,
all'opposto, aveva la tendenza ad assoggettare il territorio attraverso la
conquista militare e la costruzione di edifici, templi e strade,
trasformandolo e piegandolo al proprio volere).
Con l'arrivo della cultura romana la magia di questo villaggio taurino,
collegata ai misteri della natura e dei suoi ritmi, è occultata per il
palese incedere del vivere quotidiano, profano. Il termine "esoterico"
rimanda appunto a questa trasformazione, in cui il prodigio della natura e
del territorio diviene latente e nascosto. La cultura romana aveva la
tendenza a inglobare la vecchia cultura conquistata all'interno della
propria, fino al punto in cui non si sarebbero più potute evidenziare le
differenze. La cultura dei primigeni Taurini viene quindi sostanzialmente
modificata attraverso quella portata dai Romani prima, dalla cristianità
poi.
Nelle oscurità degli strati coperti del territorio torinese, si sono
riscontrati resti del periodo pre-romano e romano che dimostrano come
queste culture antiche abbiano profondamente influito nell'urbe taurinense.
La lettura di questi resti è difficoltosa, incompleta, e lascia adito a
differenti interpretazioni e ipotesi.
Si dice, per esempio, che nell'area dove oggi sorge il mastio della
Cittadella, vicino all'attuale via Cernaia all'incrocio con corso Siccardi,
vi fosse un tempio dedicato a Iside, madre del dio Horus, ritenuta la
Madre per eccellenza. Alcuni studiosi ci dicono che questa divinità era
adorata anche dai Romani, ma la sua presenza, secondo le leggende della
fondazione di Torino, è antecedente alloro arrivo. Avventore, primo
vescovo di Torino, nel 465 d.C. celebrò proprio in quel luogo una santa
messa per sconsacrare l'altare pagano e cristianizzare l'area. Sorse
successivamente, per volere della pia matrona romana Giuliana, la chiesa
di San Solutore, che fu abbattuta infine nel XV secolo per lasciar posto
alla fortificazione della Cittadella.
In via Porta Palatina, dove ora c'è la chiesa dello Spirito Santo, sorgeva
un tempio dedicato a Diana, mentre sotto l'attuale chiesa del monte dei
Cappuccini doveva esserci un tempio dedicato a Jupiter Custus, il tonante
padre degli dei di Roma. Si riteneva che questo luogo (per le
vicissitudini avvenute nel corso della storia, tra pestilenze e assedi...)
fosse caratterizzato da sofferenza e morte; e infatti, dal Medioevo fino
al XVIII secolo, fu utilizzato come lazzaretto.
Anche la chiesa della Gran Madre di Dio che sorge ai piedi del monte dei
Cappuccini, ritenuta un punto nodale per l'interpretazione magica del
territorio torinese, ha le sue vestigia nascoste che derivano dai lontani
tempi dell'antichità. Difatti nell'Ottocento, durante la costruzione della
chiesa, sembra siano state trovate delle palafitte di legno che
identificavano l'antica presenza di un tempio, che alcuni hanno ritenuto
fosse dedicato a Iside, altri a Proserpina (regina degli Inferi e madre di
Fetonte), altri ancora al dio toro Api. Inoltre sulla collina torinese,
tra il XVI e il XVII secolo, furono scoperti due templi, uno dedicato alla
divinità femminile egizia Neftis e l'altro a Velleda, ipotetica e
leggendaria sacerdotessa druidica.
Nella Torino romana invece si praticavano rituali in onore di Mithra e
della dea Diana, chiamati "riti tauroboliani", collegati alla fertilità,
che avevano come immagine simbolica l'unione del Toro divino con la dea
Madre. La Grande dea era identificata sia con Iside che con Diana. Il rito
si svolgeva attraverso il sacrificio di un toro che era sgozzato, e con il
suo sangue erano bagnati tutti gli iniziati. Questo gesto rappresentava
simbolicamente la purificazione e l'immortalità. Da un sermone di (San)
Massimo, vescovo della città nel V secolo, scopriamo storicamente che il
culto di Diana era ancora conosciuto nelle campagne del torinese.
Dove ora si erge la basilica di Superga (voluta da Vittorio Amedeo II di
Savoia per ringraziamento dopo lo sventato assedio francese di Torino del
1706), sembra vi fossero dei templi dedicati a Giove. È questo uno dei
punti più alti della collina, chiamato "Mons Jovis" dai Romani.
Da parte degli antropologi, la logica conclusione di questa
sovrapposizione di templi nello stesso luogo, nel corso dei secoli, è
identificabile in una forzata cristianizzazione delle aree prima
utilizzate dal culto pagano o addirittura primitivo. Lo scopo era di
sconsacrare la vecchia deità a favore della nuova, che comunque
interpretava in modo diverso il culto precedente. Gli studiosi di
esoterismo invece affermano che il motivo principale sia da ricercarsi
nella grande pregnanza sacrale dei luoghi stessi, in cui è presente in
modo particolare un tipo specifico di energia universale magica.
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